“Nella mia valigia? Una nuova magia”

Brachetti che sorpresa!, in Campania il fantasista che diventa cento personaggi in una sera
di Pino Cotarelli 
 Torna in Campania dopo due anni, Arturo Brachetti, con la sua “galleria” di oltre 350 personaggi, di cui 100 interpretati in una sola serata. Con Brachetti che sorpresa!, sarà prima al Diana di Napoli poi al Carlo Gesualdo di Avellino il 10 e l’11 novembre, quindi al Verdi di Salerno dal 12 al 15 novembre. E ancora perderà la sua valigia in un aeroporto internazionale, e dovrà recuperarla dal deposito bagagli stracolmo di casse e di bauli provenienti da tutto il mondo. E, come in un grande videogame, affronterà prove e livelli, avviandosi così, fra illusioni e fantasie, nei luoghi di origine dei vari oggetti, varcando le soglie del trasformismo con il sand painting, ombre cinesi, e fumetti western viventi.  Uno show che accoglie artisti del calibro di Luca Bono, Luca&Tino, Francesco Scimemi, Kevin Michael Moore. La regia è di Davide Calabrese e la consulenza artistica di Leo Ortolani. Prodotto da Arte Brachetti Srl, lo spettacolo presenta la novità del laser manipolato direttamente sulla scena a cura di Thèo Dary. Musiche originali di Fabio Valdemarìn, mentre la voce fuori scena è di Alberta Izzo.
Allestimento diverso dagli altri o una sua evoluzione?
“Brachetti che sorpresa! nasce dall’idea di portare sul palco varietà di illusionismo contemporaneo, e un nuovo modo di fare magia, stavolta è molto più dinamico con l’uso anche di diverse tecnologie come il video mapping”. 
Brachetti, come si è accorto del suo talento?
“Da ragazzo, in seminario, trascorrevo tempo libero nel teatro della scuola. Il mio professore Don Silvio Mantelli (noto come il Mago Sales) mi regalò un libro su Fregoli aprendomi un mondo: il grande trasformista non aveva lasciato eredi, la sua arte era da riscoprire e reinventare”.
 Perché non ha portato la sua creatività nel campo della moda?
“Non si è presentata l’occasione. Però sono lo stilista dei miei costumi: in ogni abito che viene confezionato c’è una parte di me. I primi costumi li fece la mia mamma e li conservo ancora”.
Quali caratteristiche devono avere gli artisti che lavorano con lei?
“Sicuramente sapere parlare al pubblico e non tradire la qualità di quello che viene proposto, anche nei particolari. Penso per esempio a una coppia come Luca&Tino, formata alla scuola del circo di Mosca, e poi sui palcoscenici di mezzo mondo: anche per far ridere c’è tanto da imparare. Mi ha fatto piacere quando, durante la tournée parigina, Le Figaro li ha definiti i “Laurel e Hardy italiani”. Un altro elemento importante è l’applicazione costante. Un illusionista si allena settimane per un effetto di pochi secondi di cui il pubblico si accorge appena ma che è essenziale per la riuscita del numero. Luca Bono, il mio giovane allievo, si allena ogni giorno 4 o 5 ore. Ma alla base ci deve essere sempre una grande passione”.
Le sue prossime tappe? 
“Sono reduce da tournée all’estero; a Parigi dove Comedy Majik Cho è stato molto apprezzato (110 repliche, 70.000 spettatori), ho partecipato in una tv francese con The Best, ad un talent per professionisti sulle performing art in cui sono giudice. Quest’anno tenevo molto alla tournée italiana, ed eccomi qui!”
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