“Siamo assurdi, surreali: perciò facciamo ridere” Ficarra e Picone a Benevento con Apriti cielo “Non paragonateci a Totò, lassù potrebbe offendersi”

di Pino Cotarelli

Aprono la stagione del Massimo di Benevento il 10 e l’11 ottobre, Ficarra e Picone, con Apriti cielo, per essere poi il 14 al Diana di Napoli. Il desiderio di ritornare al contatto col pubblico teatrale spinge i due artisti siciliani a elaborare questo nuovo testo dove, come per i precedenti lavori, la realtà del quotidiano rasenta i limiti dell’assurdo e del paradossale. “Una storia divisa in tre quadri”, accenna Salvatore Ficarra. “I protagonisti, due stupidelli, si introducono nella casa di un signore per aggiustargli il televisore ma si trovano a dover vivere situazioni del tutto surreali”.
Ficarra, da dove prendono spunto le vostre messinscene? 
“Da tutto quello che ci accade intorno, usandolo essenzialmente per ridere e far ridere. I primi a dilettarsi dobbiamo essere noi. Questo lavoro contiene una comicità alla “Stanlio e Ollio”; il mio personaggio in particolare è talmente appassionato di gialli da rimanere invischiato lui stesso in una vicenda alquanto oscura. Uno spettacolo che ci diverte troppo”. 
Più del cinema? 
“Preferiamo sicuramente il contatto diretto con il pubblico, perciò il teatro non ce lo facciamo mai mancare. Anzi, ce lo imponiamo fra un impegno televisivo e uno cinematografico”.
 I vostri spettacoli vogliono dare messaggi sociali? 
“Se qualcuno riceve qualche messaggio sociale, sappia che non lo abbiamo mandato noi. Al massimo si tratta di SPAM”.
 La semplicità e l’immediatezza della vostra comicità è paragonabile a quella di Troisi, di Totò. “Nessuno si può paragonare a Troisi o addirittura a Totò, che da lassù si potrebbe offendere e dire: ‘come osi paragonarti a me’…”
 Da dove nascono i ruoli di Ficarra e Picone? 
“Essenzialmente da caratteristiche naturali, poi via via negli anni abbiamo trovato qualcosa da mettere in luce. Ma ognuno ha i suoi pregi e i difetti. Lui, però, ha più difetti”.
 Dal Cabaret del ‘96 al teatro, al cinema, alla TV. Il successo in cosa vi ha cambiato?
“Per tornare a Troisi, egli diceva: ‘Il successo ha cambiato quelli intorno a noi’. Io non credo che ci abbia reso diversi”. 
Il rapporto professionale incide sulla vita privata?
“No, continuiamo ad abitare a Palermo, a frequentare gli stessi amici di quando andavamo a scuola, a fare le stesse cose di sempre”.
Se non fossi diventato comico cosa avresti voluto fare? 
“Il Presidente della Repubblica o l’Ammiraglio, oppure l’astronauta, no, il calciatore”.
 Ti piacerebbe partecipare a un programma in cui essere te stesso, tipo “l’Isola dei famosi”? “Non saprei, credo che la gente sia più interessata alla nostra comicità, che alle storie personali. Non credo che interessi quello che leggiamo o cosa facciamo normalmente nel quotidiano”. 
State scrivendo altri libri o spettacoli? 
“Sì, stiamo puntando penna e carta per scrivere il nostro prossimo film”.

Picone, una personale lettura di Apriti Cielo?
“Testo leggero, molto bello, con un grande fumetto in cui emerge una bella storia di amicizia fra i due protagonisti in un clima di fatti surreali che hanno dentro tanto umorismo”.
  Quanto c’è di te in questo spettacolo? 
“In generale porto molto di me stesso sulle scene. Nella vita reale sono un po’ timido e immagino si noti anche sul palcoscenico”. Invertiresti il tuo ruolo con Ficarra? “Sarebbe impossibile, io non sono lui, dovrei farmi crescere i capelli, il ciuffo…”. 
Ti piace più scrivere per il teatro o per il cinema? 
“Sono tipi di scrittura diversi, scrivere per il teatro ti dà la possibilità di aggiustare il tiro quando vuoi di modificare quello che non va o di perfezionare il perfettibile; è sicuramente più rilassante mentre per il cinema ci vuole più impegno e preparazione”. 
Cosa avresti fatto se non ti fosse capitato d’intraprendere la carriera di attore? 
“Chi sa? Probabilmente sarei andato a incrementare il popolo dei disoccupati”. 
Perché nei vostri lavori sono presenti sempre i caratteri dell’assurdo o del surreale?
“Perché l’assurdo, il surreale, sono divertenti. Ti faccio un esempio: un personaggio può dire ad un altro “dammi cento euro o ti ammazzo”, e non fa ridere. Se invece dice “dammi un miliardo di euro o ti ammazzo”, è più facile che la risata arrivi”.

©RIPRODUZIONE RISERVATA






Commenti