TACCUINO D'AUTORE- di Manlio Santanelli

di Manlio Santanelli
“Il Teatro, cosa è costui?” potrebbe chiedersi uno spettatore legato da una qualche parentela con il don Abbondio del Signor Lisander Manzoni. E meno male che lo chiede a se stesso e non a noi, altrimenti ci saremmo trovati in un serio imbarazzo. Anche noi, infatti, scalciando un ideale sasso incontrato sul nostro cammino, dobbiamo registrare una battuta d’arresto a tale interrogativo. Forse, come accade di solito per molte questioni, è più facile dire che cosa non è il teatro. Tanto per cominciare non è un luogo dove passare il tempo, come invece lo sono i circoli o i tavoli delle carte da gioco. Inoltre, non è neppure un luogo di incontro per coloro che tengono a cuore la frequentazione di amici e conoscenti, che peraltro si guardano bene dall’invitare a casa. Costoro sono i primi nemici della soppressione dell’intervallo tra un tempo e un altro. Se se lo vedono sottratto bordeggiano la disperazione. Infine, non è il posto ideale per rinfrescarsi le idee. In tal caso è di gran lunga più indicato uno shampoo alla Gaber. Quanto a me, da molti anni sogno la compilazione di un’antologia che contenga tutto. Mi piacerebbe tanto che si aprisse proprio sulla parola ‘Teatro’, e che prendesse in esame 
tutte le forme di spettacolo da palcoscenico che si sono succedute nel tempo e nello spazio fino ad oggi, per intenderci da un illic et tunc ad un hic et nunc. Come sarebbe bello, nonché utile, poter mettere tale antologia a disposizione delle nuove generazioni, beatamente immerse nel proprio tablet, che vivono ignorando un tempo in cui le scene italiane ospitavano stabilmente attori come Tino Buazzelli, Andreina Pagnani, Gianrico Tedeschi, Lilla Brignone, Alberto Lionello, Gian Maria Volonté, Lina Volonghi e tanti altri dello stesso calibro! Per evitare che il mio desiderio resti lettera morta, mentre altri sono liberi di intervenire come credono in questa mastodontica operazione antologica, io mi sono limitato ad ideare una rassegna, dal titolo ‘TeatroForum’, all’interno della quale proiettare storiche riprese di prosa che risalgono ai bei tempi della Televisione di Stato, quando erano ancora di là da venire amenità contrassegnate dal segno meno. Gli avventurati ammessi a tali proiezioni potranno lamentare l’assenza dei giganti – ma forse sarebbe più appropriato definirli gitanti - dello spettacolo di oggi, ma ahimè non si può avere tutto nella vita! Un altro capitolo della mia antologia, a cui sto lavorando da sei anni, è tutto dedicato al “Teatro Cerca Casa”, un’iniziativa che avvolge e coinvolge padroni di appartamenti e ridotte compagnie teatrali (ma non per questo meno prestigiose), per serate in cui le molteplici recite prendono vita in salotti privati, con l’effetto non trascurabile di offrire agli attori di turno l’opportunità di cimentarsi con la parola teatrale, e nel contempo operare un vero e proprio dirottamento di tante persone dai brumosi scali del Burraco a quelli a media luz del teatro da salotto. Se poi, come accade puntualmente, invece di venire arrestato e processato (trattamento riservato ai dirottatori), ricevo anche un plebiscitario ringraziamento per aver offerto a quelle persone un gradevole diversivo alla noia truccata da passatempo, non per questo mi monto la testa e vado sbandierando a destra e a manca che mi sono messo in concorrenza con il Teatro Stabile della città di Napoli. Si sappia che io svolgo un’attività ‘socratica’, o maieutica se si preferisce: da modesto ginecologo aiuto il feto-spettatore ad uscire dal ventre di chi intendeva indirizzare la sua gravidanza verso tutt’altre mete. Ma ora vi devo lasciare. Si sta avvicinando al mio letto un signore in camice bianco, non so perché sorridente, che brandisce una siringa come se fosse un leccalecca.

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