Moscato e la città di Scannasurice

Di Andrea Fiorillo

Scritto appena dopo il terremoto del 1980 da Enzo Moscato, Scannasurice è in scena dal 17 al 21 febbraio al Teatro Nuovo di Napoli, con Imma Villa e la regia di Carlo Cerciello.
Prodotto da Teatro Elicantropo-Anonima Romanzi & Prospet, il testo racconta la storia di un “femminiello” dei Quartieri Spagnoli, che, costretto ad abitare in un tugurio terremotato, è circondato da rifiuti e topi, i “surice” appunto, con cui ha un rapporto di amore e odio. Topi che, naturalmente, non sono altro che una metafora del popolo napoletano, e della discesa agli inferi del personaggio protagonista in una città post terremotata.
Scannasurice, pubblicato nella raccolta ORFANI VELENI, debuttò nel 1982 con la stessa regia di Moscato, e poi nel 1984 con la regia di Annibale Ruccello. Con questo testo Moscato inizia a proporsi come un autore che guarda agli aspetti “neri” e deteriorati della realtà che lo circonda, facendo della città un luogo buio e tentacolare, nella quale anche la lingua stessa finisce per trovare canali e suoni diversi.
L’elemento-simbolo ridondante nel quale la vita/morte del femminiello si svolge è la casa, non solo intesa come edificio, ma come luogo simbolico dove conservare il passato, le storie e le vite.
A completare il “viaggio” negli inferi, fondamentale è il contributo delle musiche di Paolo Coletta, del suono di Hubert Westkemper, delle luci di Cesare Accetta e dei costumi di Daniela Ciancio.

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