“A caccia di giovani per far crescere il pubblico della lirica”: Zenobia in Palmira. Il regista, figlio d’arte, celebrerà al San Carlo il bicentenario della morte di Paisiello

di Umberto Sarnelli

Ricorre quest’anno il bicentenario della morte di Giovanni Paisiello. Molte le iniziative sul tappeto per celebrare degnamente uno dei più grandi musicisti del panorama musicale italiano. E, fra le tante, il programma allestito dal Teatro di San Carlo offre diverse interessanti opportunità. Una tra queste è Zenobia in Palmira (in scena dal 17 al 28 maggio), scritta dall’autore tarantino, napoletano d’adozione, alla fine del ‘700 e rappresentata per la prima volta al Teatro di Corte in onore di Ferdinando IV. La regia di questo allestimento è firmata da Riccardo Canessa, con la collaborazione di Ivano Caiazza.
Figlio d’arte, (il papà Francesco è storico e critico musicale, giornalista, docente di Storia della musica  e, per diversi anni, è stato sovrintendente del  San Carlo, mentre la mamma, Italia, è una Carloni, sorella di Pietro marito di Titina De Filippo e, amorevolmente chiamata, nel mondo artistico di allora, ‘a Piccerella) il regista, vista l’aria che respirava fin da bambino a contatto con tanti grandi nomi del teatro napoletano e italiano, già a quattro anni calcava le tavole palcoscenico del San Carlo.


Maestro, ha alle spalle una carriera molto ricca: oltre 65 opere dirette, attinte al grande repertorio lirico, da Rigoletto a Carmen a Tosca, giusto per citare qualcuna, e rappresentate in tutto il mondo.

“In effetti posso dirmi soddisfatto. L’unico rammarico è che nella mia lunga carriera non ho mai diretto il Nabucco. Ci sono sempre stati motivi, momenti sfavorevoli che me lo hanno impedito. Però, mai dire mai”.

Cosa pensa della crisi che sta attraversando il paese e che ha colpito soprattutto il mondo della cultura, dell’arte?

“La crisi c’è stata e ancora si sente. Noto però una piccola ripresa, lenta ma continua. Spero che prima o poi riusciremo ad uscirne, anche perché la lirica è uno degli ambiti più penalizzati dalla crisi in quanto le spese di allestimento di un’opera sono molto alte. Bisognerebbe tentare di ridurre i costi o ammortizzarli con una maggiore presenza di spettatori”.

C’è una strada percorribile?

“Bisogna avvicinare i giovani alla lirica. In altri paesi questo già accade. Ci sono paesi in cui i teatri lirici sono frequentatissimi dai giovani. Si deve tentare anche da noi”.

A cosa pensa?


“Credo che noi addetti ai lavori dovremmo tentare di fare cose, mettere in scena, cioè, opere liriche o teatrali che siano, capaci di incuriosire i giovani. Suscitare curiosità è uno dei miei pallini. Questo però non basta. Dobbiamo cominciare ad educare le nuove generazioni al teatro. L’Italia è il paese che vanta una tradizione artistica – sia in termini quantitativi che qualitativi – che tutto il mondo ci invidia, eppure il nostro pubblico non è capace di “leggere” un evento teatrale, sia esso di prosa che lirico. Non è così in altri paesi, soprattutto nord europei. Lì gli spettatori sono attenti, informati. Quando si recano a teatro sanno cosa stanno vedendo”.

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