di Alfredo Carosella
Tra i vari teatri che operano a Napoli, ce n’è uno particolarmente interessante: il Nest, Napoli est teatro, in via Benedetto
Martirano 17, all’interno della ex scuola Giotto-Monti. Chi ha avuto il
coraggio di aprire un nuovo teatro, per giunta in una delle periferie più
complicate di Napoli? Sono andato a vedere uno spettacolo e ho conosciuto una
parte dei protagonisti di questa meravigliosa avventura. Prima che iniziasse la
rappresentazione, ho seguito con interesse i preparativi dello staff di
giovanissimi che, con professionalità e entusiasmo, si occupavano dei servizi
accessori: parcheggio delle auto, biglietteria, bar, maschere, promozione della
stagione teatrale. È stato inevitabile pensare a quanti loro coetanei fossero,
nello stesso momento, dediti alle attività illecite di cui è piena la cronaca
delle nostre città. Ho pensato anche a tutti coloro che vivono con
rassegnazione, convinti che nulla possa mai cambiare. Martina Romanello
dell’associazione “Gioco Immagine e Parole” insieme al collettivo Nest, ha dato
vita al primo teatro della periferia orientale di Napoli.
Signora Romanello, come e quando è nato il Nest?
“Il Nest nasce cinque anni fa, quando un gruppo di
artisti, il Collettivo Nest, che risponde alle persone di
Francesco Di Leva, Giuseppe Gaudino, Giuseppe Miale di Mauro, Adriano Pantaleo
e Andrea Vellotti cercava disperatamente un
luogo per provare, produrre arte e mettere a disposizione dei più giovani la
propria creatività. Cominciammo così a cercare uno spazio che potesse diventare
ciò che avevamo in mente. Chiedemmo al preside della scuola media Giotto-Monti di affidarci la palestra in disuso
per farne laboratori con i ragazzi della scuola: ci siamo innamorati di quello
spazio e non lo abbiamo più lasciato”.
Poi cosa è successo?
“Il collettivo artistico ha da subito visto in quello
spazio molto più di una semplice sala prove. Abbiamo cominciato a lavorare per
trasformarlo in un vero teatro. È stato necessario affrontare una lotta con la
burocrazia ma alla fine siamo riusciti nel nostro intento”.
Perché aprire un teatro nella periferia di Napoli?
“Avere un simile spazio
nel proprio quartiere, dove si è nati e cresciuti, era un’esigenza fortissima.
Conoscere il quartiere, le potenzialità e le difficoltà, significa anche essere
stimolati a produrre e a offrire a quel territorio opportunità e occasioni. Un
teatro a Napoli est, poi, rappresentava per noi e per gli artisti del
collettivo un’altra sfida che avevamo voglia di vincere: capovolgere l’idea per
cui dalla periferia bisogna andare al centro per assistere al buon teatro. Oggi è
dal centro che si spostano per venire da noi”.
Chi sceglie il programma delle rappresentazioni e cosa
cerca in particolare?
“Il programma è scelto dal Collettivo Nest.
La linea artistica della stagione è caratterizzata dalla volontà di portare sul
territorio spettacoli che per una serie di motivi non riescono ad arrivare in
città, nonostante siano spettacoli che girano in lungo e in largo l’Italia.
Compagnie giovani e meno giovani, che hanno ricevuto importanti riconoscimenti,
che sono punte di diamante della drammaturgia contemporanea, e che nonostante
questo, faticano a trovare spazi adeguati”.
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