Paisiello, da Taranto a Napoli per diventare uno dei maggiori musicisti del Settecento- Al Teatrino di corte La grotta di Tronofio
Di Francesco Gaudiosi
Giovanni Paisiello è considerato tra i massimi esponenti nel panorama
dell’opera buffa italiana della seconda metà del Settecento e come il più
“napoletano” dei maestri italiani: nel suo carattere, nelle sue composizioni e
nella sua personalità artistica è presente una innata facilità di creazione, di
naturalezza dialettale, di burle irrefrenabili e di languore patetico, tutto
reso possibile da una sostanziale vivacità delle sue opere. Sarà celebrato a
duecento anni dalla morte prima con Zenobia in Palmira, esotico allestimento
operistico che andrà in scena con l’orchestra del Teatro di San Carlo dal 18 al
27 maggio, poi con i suoi fiati il 30 maggio e infine dal 13 al 22 novembre con La grotta di Trofonio (Orchestra e Coro sempre
del Massimo), tutto nella location del Teatrino di Corte del
Palazzo Reale di Napoli. Altri eventi collaterali saranno organizzati dal Comitato per le celebrazioni del duecentesimo
anniversario della morte del musicista, presieduto dal maestro Riccardo Muti.
Consacrato sulla scena internazionale proprio per la capacità di
rappresentare la grossolana comicità della vita borghese, Paisiello possedeva
un vigore comico decisamente superiore al semplice tono allegro del
contemporaneo Piccinni, al punto che nella metà degli anni
Settanta, a Napoli, persino la corte che fino ad allora si era identificata con
la prestigiosa opera seria al San Carlo, incominciò a mostrare crescente
interesse nei confronti dell’opera buffa firmata dal compositore tarantino.
Negli anni decisivi che vanno dal 1785 al 1787, Paisiello riuscì a
estendere la sua produzione operistica con materiale che non riguardava più unicamente il panorama elitario della società italiana, ma l’orizzonte
ambizioso di una rappresentazione integrale della società, quasi di “un nuovo
genere di spettacolo”, come affermò Da Ponte in quegli stessi anni. Qui il
segno indelebile del compositore, che a duecento anni dalla morte ancora impone
una concezione operistica che l’ha reso celebre in tutta Europa, è
indissolubilmente legato al panorama artistico partenopeo, che gli tributerà,
proprio nel palazzo dei Borbone, gli omaggi tributati ai maggiori maestri d’opera.
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