Quattro chiacchiere con Irene Maiorino

Attrice generosa, sempre pronta a lavorare con gli altri e ad apprendere da chi ha più esperienza di lei e che non disdegna nessun ruolo al cinema, in tv e a teatro


Servizio di Gabriella Galbiati

Irene Maiorino, napoletana dalle origini francesi, è una giovane attrice che recentemente si è fatta conoscere al grande pubblico grazie a Gomorra 2 – la serie e interpretando dalla puntata 8 il personaggio di Teresa, moglie di Rosario O'Nan (Lino Musella). Questo però non è il primo ruolo importante con cui si confronta perché  già nel 2010 diventa protagonista fissa con il personaggio di Luisa, primogenita della famiglia, nella fiction di Canale 5 Baciati dall’Amore accanto a Giampaolo Morelli e Lello Arena. Ha girato diversi cortometraggi e  con Tutto Calcolato, che la vede protagonista accanto a Valentina Lodovini e Pietro Sermonti, vince il premio per Migliore Attrice Non Protagonista. Nel 2014, dopo aver girato Il Tredicesimo Apostolo 2, vola a Parigi per lavorare con la compagnia italo-francese Kulturscio’k allo spettacolo Vietato ballare – Interdit de danser, andato in scena nell’ambito del Napoli Teatro Festival Italia 2014.
La sua carriera sembra brillare tra teatro, cinema e tv, dove presto ritornerà al fianco di due grandi attrici. Proscenio l’intervista anche per sapere di più di Teresa, il suo personaggio nella fiction di Sky diretta da Stefano Sollima e a Claudio Giovannesi

- Cosa hai provato quando ti hanno detto di essere entrata a far parte del cast di Gomorra 2 – la serie?
Il mio approdo a Gomorra è stato decisamente particolare.  Avevo fatto il provino per il ruolo di Patrizia, poi, merito dell’occhio attento delle Casting Directors della serie, mi fu proposto il personaggio di Teresa. E devo dire che appena lessi la scena, Teresa mi arrivò dritta alla pancia. Certo lei non ha lo stesso spazio di un personaggio come Patrizia, ma è scritto così bene ed è cosi forte nella sua piccola grande tragedia di cui è protagonista, che mi colpì subito. Finalmente un personaggio che pur non essendo protagonista ha un respiro dentro cui muoversi.
 Tra l’altro, il giorno in cui mi chiamarono per dirmi che avevo vinto il provino, ero in centro a lavorare come hostess, vestita in modo improbabile, e vidi il cellulare solo dopo qualche ora. Corsi dentro al primo negozio e nascosta nei camerini cominciai a leggere gli sms dell’agenzia che mi avvisava!

- Teresa, il personaggio femminile che interpreti nella fiction, è una giovane donna discreta che mette la famiglia davanti a tutto e che preferisce non affrontare il mondo di illegalità a cui appartiene. Quanto ti somiglia e cosa ha significato per te recitare nel ruolo di moglie e madre?
Ho amato Teresa senza mai giudicarla, tanto meno per la sua discrezione. E anzi, penso a lei come portatrice di sentimenti incontaminati, indirizzati esclusivamente alla famiglia di cui si fa carico, e quell’amore incondizionato, razionalmente discutibile, che mi ha affascinata e molto stimolata. L’amore senza riserve, contro il male, contro l’orrore e i segni di una vita che il marito si porta fin sulla faccia. In questo vedo una scelta discutibile ma molto forte. E a proposito di ruolo di madre e moglie, forse più forte è stato sentirmi moglie. Moglie è una scelta. Madre è una straordinaria e naturale conseguenza.
Io non sono né moglie, né madre e sicuramente ho fatto un lavoro prima delle riprese. Ma è la disponibilità e l’apertura con cui ho provato a lasciarmi vivere dalla storia, che è forse è arrivata dritta a quello che tutte noi donne abbiamo, ovvero un istinto. E questo è stato il grande regalo che mi ha fatto Teresa.
Concludo, e ci tengo molto, dicendo che tutto questo è stato possibile anche perché ho avuto la fortuna di lavorare con attori bravissimi. Parlo, oltre che di Marco d’Amore, ovviamente di Lino Musella che interpretava mio marito. Non si lavora mai da soli.

- Quando e come hai iniziato la tua carriera di attrice?
Durante gli anni del liceo, ho iniziato la mia prima scuola di recitazione. Poi mi iscrissi al Dams, i provini al Centro Sperimentale e scoprii che ero già fuori con il limite di età per essere ammessi e quindi maledissi gli anni universitari. Invece no, quelli sono stati a loro modo fondamentali. Ho studiato la storia del cinema e perso intere settimane a guardare film di Godard. Poi c’è stato l’incontro con Beatrice Bracco, i primi ruoli e la formazione che non si ferma mai.

- Cosa significa per te lavorare con grandi artisti del calibro di Lello Arena e Marco D’Amore?
Significa moltissimo. Lello Arena e la sua carriera mi hanno insegnato l’umiltà. L’attore che sa giocare e creare, senza vizi di nessun genere. Da Marco, nuova leva e grande talento, e già con tanto mestiere tra le mani, prendo più di tutto la precisione e la coerenza delle proposte con cui l’ho visto muoversi in scena.

- Teatro, cinema e televisione: ci sono differenze sostanziali e quale ambito preferisci di più?
Certamente. Sono tre cose diversissime.  Dal teatro non si prescinde. Il teatro ti sostiene (ahimè non economicamente), ti spoglia, ti mostra forze e limiti, ti spinge al confronto diretto, ti caccia il carattere. Il teatro è l’attore. Il cinema è la squadra e la fiducia che hai nel metterti nelle mani del regista. Sei tu, plasmato da.. Il cinema poi è dettaglio, ripetizione e precisione. Amo i silenzi del cinema, il non detto. In Gomorra c’è tanto di questo, per cui sono davvero grata dell’esperienza vissuta.
La televisione è una palestra, un allenamento a difendere il tuo lavoro minato dai ritmi velocissimi, e anche questo serve.

- Quali sono i tuoi progetti per il futuro?

Sto lavorando ad un’altra serie ma spero di potervi parlare presto di un film. Nel frattempo, sto rilavorando ad un testo di teatro già portato in scena a Roma, e che per impegni di lavoro dell’ultimo minuto abbiamo dovuto disdire a Napoli (doveva andare in scena nel maggio 2016 al Nuovo Teatro Sanità), dal titolo Madame Misere, scritto a quattro mani con la mia collega Maria Luisa Usai. Ci siamo conosciute durante un laboratorio di drammaturgia durato circa un anno tenuto da Antonio Latella. E da allora scriviamo e sperimentiamo insieme. 

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