Cirillo e "Liolà": un dramma che a tratti sembra una favola per bambini

di Giuseppe Iannicelli

Il Teatro San Ferdinando di Napoli inaugura con Liolà per la regia di Arturo Cirillo, in scena dal 19 al 30 ottobre, la stagione 2016-2017. Ad interpretare il ruolo di Neli Schillaci (Liolà) Massimiliano Gallo, mentre Cirillo vestirà i panni di zio Simone Palummu, il ricco massaio ossessionato dall’idea di metter al mondo un figlio cui lasciare la “roba”, la sua ricca eredità. Un turbine d’illusioni e inganni con al centro Liolà capace, a differenza del vecchio Zio Simone, di fecondare ogni donna amata. In scena anche Milvia Marigliano, Giovanna Di Rauso, Giorgia Coco, Sabrina Scuccimarra, Antonella Romano.
La vicenda ha risvolti drammatici ma si svolge in un clima a volte persino leggero al punto che lo stesso Pirandello ne rimaneva colpito. “E’ così gioconda che non pare opera mia” diceva. La scrisse nel 1916, in un momento particolarmente tragico della sua vita, con suo figlio prigioniero di guerra e la moglie con sempre maggiori segni di pazzia.
“Eppure in alcuni momenti – conferma Arturo Cirillo – Liolà sembra quasi una fiaba per bambini. Io non amo Pirandello ma sono rimasto coinvolto da questa vicenda nella quale la forma gioiosa avvolge la terribile sopraffazione che zio Simone tenta d’imporre al suo mondo agreste e il dolore lacerante delle donne vittime del suo impossibile desiderio. Pirandello propone quella che Sciascia definiva un’immediatezza potente; per certi aspetti mi sento di avvicinare la vicenda e un personaggio scanzonato e privo d’etica come Liolà a trame di Pasolini e ai ruoli di Ninetto Davoli”.
Pirandello scrive la versione in dialetto siciliano pressoché incomprensibile. Come risolve questo problema?
“Abbiamo scelto di metter in scena, con la produzione del Teatro Stabile di Napoli, una versione in lingua italiana curata dallo stesso Pirandello. Cercheremo di conservare “la lingua popolare” che con le sue strutture elementari espone la vivacità di un mondo analfabeta e campagnolo nel quale l’Autore sembra volersi rifugiarsi per sfuggire ai terribili problemi che incombevano su di lui e sui suoi contemporanei. Le musiche originali di Paolo Coletta ci aiuteranno a trasportare ancora di più gli spettatori in questa atmosfera”.
Cosa avrà di speciale il suo Liolà? Perché venire al San Ferdinando per vederlo?
“E’ un testo rispetto al quale mi sono posto in modo sperimentale, desidero reinventarlo. E’ un’opera arcaica e moderna al tempo stesso nella quale ritroviamo drammatici difetti atavici e contemporanei: l’avidità compulsiva verso i figli e la roba accumulata; il modificare la morale a proprio uso e consumo; la tentazione di ignorare le leggi della natura e di sfidare l’invecchiamento per aver un figlio a tutti i costi”.

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