Salemme e la normalità dell'odio in un condominio di periferia

di Andrea Jelardi

Una festa esagerata! la nuova commedia scritta, diretta e interpretata da Vincenzo Salemme in scena al teatro Parravano di Caserta dall’11 al 13 novembre, al Gesualdo di Avellino il 26-27 novembre, al Verdi di Salerno dall’1 al 4 dicembre e prossimamente al Diana di Napoli che lo produce. Con Salemme sul palco Nicola Acunzo, Vincenzo Borrino, Antonella Cioli, Teresa Del Vecchio, Antonio Guerriero, Giovanni Ribò, Mirea Flavia Stellato.
Il testo è divertente e brillante come nel consueto stile di Salemme, il quale tuttavia ci ha spiegato di averlo immaginato anche come una sottile satira sui nostri tempi, sul futile odio dilagante e sulle difficolta di comunicare, nell’ottica di un teatro che parli al pubblico, il quale a sua volta in esso possa riconoscersi ovunque, anche lontano da Napoli.
Salemme, le anteprime descrivono questa pièce come una satira sulla piccola borghesia. Lo è?
“La mia è piuttosto un’osservazione più ampia sull’umanità ‘media’, quella che vive nei condomini, quella, insomma, di gente comune, di uomini ‘normali’ ma che troppo spesso è pervasa dall’odio. Oggi ci odiamo un po’ tutti e spesso per ragioni banali; per religione, perché si è bianchi o perché si è neri, perché si è gay, perché si è troppo grassi o troppo magri.
La storia che racconto è perciò una storia di odio. Io interpreto la parte di un uomo ‘normale’, che abita nell’attico di un palazzo in periferia, ma ha una moglie troppo ambiziosa che, per il compleanno della figlia, vuole organizzare, appunto, una festa esagerata, così come si usa oggi per i diciotto anni, e alla quale dovranno partecipare il sindaco e tutte le persone più in vista. Alla vigilia della festa, però, l’inquilino del piano di sotto - un vecchietto di novantadue anni - muore, ma all’ovvio dispiacere per la sua scomparsa, subentrano ben presto gli interrogativi se sia il caso o meno di rimandare tutto. Ed è qui che si scatena l’odio per futili motivi: non per la morte di una persona, ma solo perché si rischia di mandare all’aria la festa”.
Lo spettacolo debutterà in tutta Italia, ma oggi qual è la chiave del successo del teatro napoletano anche al di fuori dell’ambito locale?
“Il teatro napoletano può raccogliere consensi ovunque, a condizione che non sia arrogante.
Ci sono stati anni nei quali credevamo che fosse il non plus ultra, ma era un atteggiamento sbagliato. Senza questa presunzione, invece, il nostro è un grande teatro, sia quello classico e sia quello moderno. C’è il teatro di Eduardo che resta un punto di riferimento, anche oggi che Luca purtroppo non c’è più. Io appartengo a questa tradizione, ma apprezzo anche il teatro
contemporaneo che vanta esperienze altrettanto importanti. E il pubblico, devo dire, li gradisce entrambi. L’importante è che il teatro parli alle persone”.
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