Tre omaggi in uno: così la Danieli celebra in scena il suo amico Ruccello

di Anita Curci


“Serata d’amore è la ripresa di uno spettacolo che portai in scena un anno dopo la morte di Annibale, per perpetrare il suo ricordo di uomo e di artista dopo quel maledetto 12 settembre del 1986”.
Isa Danieli dal 26 al 30 ottobre, con la produzione di Ente Teatro Cronaca Vesuvioteatro, aprirà la stagione del Teatro Nuovo di Napoli con un omaggio all’autore, attore, regista, antropologo stabiese, amico di De Simone, di Enzo Moscato e di altri che hanno contribuito all’evoluzione del mondo teatrale affrontando la contemporaneità senza dimenticare la tradizione.
Un atto d’amore per il trentennale della morte di Ruccello di cui l’attrice rievocherà, attraverso recitazione e musica, la vita artistica, partendo dalla sua ultima opera fino ad arrivare alla prima.
“Io e Manlio Santanelli, a cui chiesi per la mia idea di Serata d’amore una collaborazione non solo per la regia ma anche per organizzare la drammaturgia, prendemmo spunto da tre titoli di Annibale che, secondo noi, lo rappresentavano di più: Ferdinando, Week-end e Le cinque rose di Jennifer”.
Isa Danieli non ha voluto cambiare nulla della prima rappresentazione che dura circa un’ora e venti: ci sarà la stessa costumista di allora, Annalisa Giacci; le musiche sempre quelle di Carlo De Nonno, cugino ed erede di Ruccello, e la scenografia di Franco Autiero scomparso nel 2008 ma ancora vivo nello spettacolo. Gigi Esposito, che all’epoca era direttore di scena, cercherà di ricostruire l’atmosfera del 1987, anche aiutandosi con riprese effettuate in quel tempo.
“Per questo progetto – spiega la Danieli - pensai subito a Manlio perché quando accadde la tragedia noi due eravamo molto vicini, recitavo nella sua Regina Madre con Roberto Herlitzka. In quel momento mi sembrò la persona più adatta a celebrare il teatro d’avanguardia di Annibale".
Come conobbe Ruccello?
“Veniva spesso da De Simone mentre provavamo La Gatta Cenerentola, insieme facevano ricerche antropologiche girando per paesini vari. Poi una volta fece la comparsa nella Cantata dei Pastori quando la portammo in televisione. Ricordo ancora che aveva un barbone nero che lo rendeva irriconoscibile. Ci rivedemmo nell’Ottantatrè. Mi venne a trovare a Roma mentre provavo, insieme a Piero Di Iorio, Bene mio e core mio di Eduardo che ci dirigeva a fatica, in quel periodo stava sempre male con gli occhi.
Un giorno venne in camerino la maschera del teatro e annunciò un giovane: si chiama Annibale Ruccello, mi disse”.
Perché venne a trovarla?
“Mi portò una drammaturgia, un atto unico molto ben scritto, ma il personaggio principale non mi affascinò. Gli chiesi, allora, di comporre qualcosa nel quale mi potessi identificare”.
E le portò Ferdinando…
“Dopo venti giorni! Non so se l’avesse già in mente, se la scrisse davvero pensando a una mia interpretazione, sta di fatto che quando lessi l’opera ne rimasi rapita. Questa la faccio, gli risposi.
Eravamo alla fine della stagione artistica ’83-’84, non persi tempo, proposi la commedia a Mauro Carbonoli che con Sergio Fantoni gestiva La Contemporanea ’83, una cooperativa teatrale. Lui accettò di produrla e debuttammo nell’Ottantasei a San Severo di Puglia. Così ho approfondito il mio rapporto con Annibale che interpretò in quella occasione il ruolo di don Catellino”.
Invece nel Ferdinando di Serata d’amore sarà sola in scena…
“Sì, sola con una piccola radio che accendo, spengo, mando avanti e indietro nelle registrazioni dove si sentono canzoni evocative e una voce che recita stralci di Mamme. Qui le tre drammaturgie vengono riassunte in monologhi che offrono una percezione complessiva delle opere senza rappresentarle per intero. E’ un percorso che partendo da Ferdinando torna indietro nel tempo fino ad arrivare a Jennifer”.

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