In 18 quadri la vivisezione di quella cosa chiamata amore

LA RIUNIFICAZIONE DELLE DUE COREE
Postiglione rilegge Pommerat

di Viola De Vivo

Non fatevi ingannare dal titolo La riunificazione delle due Coree, in scena al Teatro Nuovo di Napoli dal 22 al 26 marzo, è uno spettacolo sull'amore. Si tratta di un testo del drammaturgo francese contemporaneo Joël Pommerat, presentato al Napoli Teatro Festival nel 2013 in versione originale e nel 2015 nell'adattamento in lingua italiana, con la regia del noto attore partenopeo Alfonso Postiglione (produzione Ente Teatro Cronaca Vesuvioteatro). Ma che cosa c'entrano le due Coree con l'amore?
Postiglione, partiamo dal titolo: La riunificazione delle due Coree come metafora dell'amore.
"Il titolo è volutamente enigmatico, ed è preso da una battuta dello spettacolo. Le due Coree rappresentano le due anime, gemelle o quasi, che si rincorrono per tutta la vita, e l'impossibilità che si riuniscano in due parti di uno stesso essere".
Amore infelice dunque...
"Amore vissuto come necessità, come statuto dell'esistenza, e anche come condanna dell'essere umano. Penso alla metafora, di discendenza platonica, secondo cui siamo condannati a cercare l'altra metà di noi stessi, da cui siamo stati divisi nella notte dei tempi. Ma questa ricerca dell'altro, anche quando crediamo che sia arrivata al successo, in realtà lascia sempre in noi qualcosa di incompleto".
L'amore è declinato attraverso vari quadri: una sorta di campionario di situazioni sentimentali?
"Lo spettacolo si articola in 18 quadri per 51 personaggi per 9 attori. Rappresenta 18 relazioni possibili, non solo di tipo strettamente erotico ma dispiegate in ampio raggio: amicizie molto intime, amore filiale e genitoriale, etc. Ma anche amore desiderato o sognato, non vissuto nella dimensione reale".
I personaggi sono tipi umani universali o hanno una loro unicità?
"Sono persone normali in cui ognuno si riconosce: mariti mogli, fidanzati, etc. All'inizio sono una comunità di innamorati anonimi e indossano tutti un impermeabile (mi sono ispirato ai quadri di Vettriano), che viene poi tolto nei vari quadri, per ritornare nuovamente nel finale. Questo perché l'amore è qualcosa di tanto intimo e personale quanto comune e collettivo".
Ci sono altri elementi scenici simbolici oltre all'impermeabile?
"Ho inventato un decimo personaggio, inanimato, costituito da un grande oggetto (che non svelo perché preferisco che venga interpretato) con una vita parallela  quella dei personaggi, che segue e contrappunta le storie. In scena tutto è nero, l'unica luce è questo grande enigma che sta sulle nostre teste e che non si spegnerà forse mai: enigma non solo dell'amore, ma del senso dell'esistenza".
Quali emozioni intende suscitare nel pubblico?
"Ci sono quadri in cui si ride apertamente, con un'ironia che scaturisce dalla surrealtà e dal paradosso. E poi ci sono quadri in cui l'effetto commovente scatta in maniera molto dichiarata: tra personaggi e pubblico ci sarà una congiunzione su territori emotivi molto intensi".

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