La tragedia? E' come un video reportage

LE TROIANE Fokin e Roshkin danno linfa contemporanea a un classico. Ecuba sarà Angela Pagano

di Anita Curci

"Allo stesso tavolo siedono vittime e carnefici, cercano di convivere in pace. Nessuno vuole ricordare che c'è stata una guerra. Il clima è di tolleranza, mista alla voglia di continuare a vivere, dopotutto...". Così presentano la loro versione di Le troiane di Euripide i registi russi Valery Fokin e Nikolay Roshkin che, dopo la prima assoluta al Parco Archeologico Pausilypon durante la scorsa edizione del Teatro Festival, ripropongono dal 22 marzo al 2 aprile al Mercadante di Napoli.
La tragedia, rappresentata per la prima volta nel 415 a.C., fa parte di una trilogia legata alla guerra di Troia, con al centro la vicenda di donne sconfitte e ormai schiave dei vincitori che se le spartiscono. Agamennone prende con sé Cassandra figlia del re Priamo, Neottolemo Andromaca moglie dell'eroico Ettore, Odisseo vuole Ecuba, moglie, madre e regina trasfigurata dal dolore, qui interpretata da Angela Pagano: "E' uno spettacolo che racconta le ansie e le offese sopportate dalle superstiti della città disfatta, secondo metodi diversi, lontani dall'impostazione classica. Non abbiamo fatto, tuttavia, fatica a capire e ad attuare il disegno registico che ci è stato proposto". In scena con la Pagano, Leandro Amato, Claudia Balsamo, Cinzia Cordella, Giovanna Di Rauso, Antonio Marfella, Serena Marziale, Francesca Muoio, Autilia Ranieri, Federica Sandrini e gli allievi della scuola dello Stabile.
"Con Le troiane fissiamo un traguardo ma anche il proseguimento di un sodalizio artistico tra il nostro teatro e l'Alexandrinsky di Mosca", precisa Luca De Fusco, direttore dello Stabile Nazionale, che presto sarà in Russia per l'annunciato Sei personaggi in cerca d'autore di Pirandello. Per questa storia di guerra, violenza, orrore, che si tramanda da oltre duemila anni, i due registi russi, senza manomettere la drammaturgia originale, hanno immaginato un allestimento di respiro contemporaneo, e spiegano: "Non il testo, ma la situazione scenica è nuova. Il posto dove si consuma la trama è diverso da quello impostato dall'autore. Non siamo in una prigione greca, bensì in un luogo dei nostri tempi, in una sala con al centro un banchetto". Non soltanto l'ambiente cambia ma la concezione stessa della scena muta del tutto. Sulla scena un video-operatore riprende attimo per attimo la rappresentazione, a sua volta riprodotta su schermi giganti di fronte al pubblico. "Il video ha una ragione funzionale. Vuole essere il reportage di una società che, dopo una guerra terribile, vuole proiettarsi verso la pace, la civilizzazione, - insiste Roshkin - quasi a voler dire: guardate come è finita meravigliosamente la guerra di Troia!".
Secondo i due registi russi, il teatro non deve necessariamente un elemento di trasmissione della letteratura, ma può avere le sue leggi e regole, nutrendosi di quello che accade ogni giorno, perché è materia viva che respira e si nutre, e ha bisogno di continuo coinvolgimento.
"Per realizzare questa avventura - continuano - abbiamo voluto valutare la natura creativa degli attori. Abbiamo chiesto loro di non seguire l'interiorità dei personaggi storici dell'Opera, ma la propria. Questo ha fatto acquisire allo spettacolo una forma grottesca, ma ci ha portati anche su quella destinazione artistica di cui eravamo alla ricerca". L'allestimento propone così condizioni sceniche impreviste che possono mutare di recita in recita. A dimostrazione del fatto che il teatro vive, si muove, assimila, si trasforma, si modella, si nutre e restituisce tutto al pubblico per mezzo degli attori.

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