La
misura dell'errore
è un libro in forma di intervista attraverso il quale il curatore Emanuele
Tirelli ripercorre la carriera di Antonio Latella. A partire dagli esordi, dai primi
segnali di una vocazione forte, tanto da spingerlo a interrompere gli studi
regolari per seguire dei corsi di infermiere e avere così un lavoro con cui
pagarsi le lezioni di recitazione. Figlio di operai meridionali emigrati al Nord,
il futuro regista è costretto a scelte non facili. Ma percorre la sua strada con tenacia e
caparbietà. Entra alla scuola del Teatro Carignano di Torino. Di lì, un passo
alla volta, vengono gli incontri importanti della sua carriera. Gassman e
Ronconi, ma anche Massimo Castri, Elio De Capitani, Franco Però, Antonio Syxty.
Durante la sua breve, ma intensa
carriera recitativa Latella compie, sostanzialmente il suo tirocinio da regista
assorbendo il lavoro dei maestri con i quali viene a contatto. Lavora su
Shakespeare (la sua vera scuola di teatro, lo definisce). Prende coscienza di
quello che indica come “la misura dell'errore”, il grande valore formativo che
può avere un approccio sbagliato che il regista (nato a Castellammare di Stabia
perché la mamma volle venire a partorire al Sud) reputa come passaggio
formativo indispensabile. E poi vennero Genet e Pasolini, Porcile, in
particolare, del 2003, con il quale mise a punto il suo stile, la sua maniera
personale e originale di fare teatro. La sua capacità di aprirsi a nuovi spazi,
a nuove visioni, sceniche e drammaturgiche ne hanno fatto un regista molto
apprezzato anche all’estero.
Si
trasferisce a Berlino, dove ormai vive da molti anni. La sua carriera si è
articolata tra varie esperienze: la direzione dello Stabile dell’Umbria, regie
di opere liriche, e la direzione artistica del Teatro Nuovo di Napoli. Qui il
tentativo di introdurre criteri di gestione e produzione innovativi naufragò per
il sopraggiungere di gravi problemi di natura economica.
Ma
l’aspetto più interessante di questa lunga intervista è che mette in risalto la
figura di un artista-lavoratore, un ispirato artigiano che, si direbbe, lavora
a mani nude la materia teatrale con cui si trova a confrontarsi (precisa di non
accostarsi mai con idee già pronte o preordinate ad una nuova messa in scena).
Innamorato della sua arte, disposto ad identificare interamente con essa la
propria vita, Latella pratica un teatro che si nutre di una forte spinta
interiore, della necessità di trasformare in forma comunicativa non solo le
proprie idee, ma anche, e forse soprattutto, i propri dubbi, i propri travagli,
i propri conflitti interiori.
Un
libricino per molti versi “aureo”, questo di Tirelli, una lezione sul campo di
“scienza del teatro”, espressa attraverso la voce di Latella, senza prosopopea
né saccenteria, ma come il frutto di una laboriosa, faticosa, gratificante
conquista quotidiana.
La
misura dell’errore – Vita e teatro di Antonio Latella,
edizioni CARACO' – Collana Teatri di Carta, pagg. 87 – euro 7,00.
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