Giallo salernitano. Claudio Di Palma e il progetto per la sala Pasolini

di Viola Verne

Il 23 marzo alla Sala Pasolini di Salerno è previsto il debutto di un intrigante progetto legato al genere giallo, denominato Teatroingiallo, ed è curato da Claudio Di Palma, che ha formato una compagnia di soli attori salernitani per alcune, singolari messe in scena con l’obiettivo di integrare letteratura, teatro e cinema.
Di Palma come nasce questo progetto?
“Nasce per le suggestioni ricevute dalle particolarità strutturali della Sala Pasolini. La sua modularità, la naturale vocazione di ambiente multimediale, la prossimità e contiguità tra spazio scenico e platea mi hanno suggerito una spettacolarità coerente e funzionale a tutto ciò; un teatro che sapesse essere “cinematografico” e che nel contempo concepisse il pubblico come parte integrante della messa in scena”.
Ed è venuta fuori l’idea del giallo come genere?
“Appunto. Il giallo risulta, infatti, naturalmente legato alla narrazione orale, alla reinterpretazione cinematografica e al compiersi in modo proprio di drammaturgie di attesa e sorpresa tipicamente teatrali”.
Il pubblico, in tutto ciò, attraverso quale meccanismo scenico è chiamato a partecipare alla rappresentazione?
“Quando ho pensato al giallo, confesso, non ho potuto fare a meno di ricordare le serate che negli anni ’60­’70 passavo in famiglia ad assistere con emozione alle puntate televisive di Nero Wolfe o Maigret. Mi turbava molto quello stare profondamente nelle storie cui assistevo e contemporaneamente ritrovarmi “soltanto” intorno ad un tavolo, magari cenando con i miei. Era strana la convivenza tra i misteriosi rituali investigativi e i più rassicuranti rituali delle convivialità serali. I commenti e le ipotesi dei parenti interagivano con la drammaturgia televisiva. Oltre agli indizi che si susseguivano c’erano le parole di famiglia che indirizzavano, smentivano, indovinavano. Quella congerie di intuizioni incrociate era affascinante”.
Pensa, dunque, a una struttura testuale che possa addirittura modificarsi con l’ intervento del pubblico?
“Non lo escludo. Per adesso ho predisposto una scenografia con un enorme tavolo modulabile, intorno al quale gli spettatori siederanno e, magari, degusteranno anche qualcosa. Una tavolata interna allo spazio scenico e suggestivamente avvolta dalle immagini proiettate sulle pareti perimetrali”.
Può già darci i titoli che intende rappresentare?
“Con Antonio Marfella sto, per così dire, lavorando a due casi d’omicidio. Per amore di suspense non rivelo né colpevoli né titoli, limitandomi a dire che sono casi avvincenti riguardanti la cucina e la musica”.
I colpevoli saranno scoperti dal pubblico?
“Sicuramente il pubblico vivrà un coinvolgimento diretto, ma lascerei che della soluzione dei casi si occupino gli attori. Attori, ci tengo a dirlo, che mi hanno anche dato l’opportunità di una interessante ricognizione sulle pulsioni artistiche attive a Salerno”.




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