La Ruina e la “forza carnale” del dialetto. L’artista calabrese nel dialogo tra un gay di provincia e la madre morta

di Roberta D'Agostino

Nei miei lavori utilizzo il dialetto perché credo che abbia una forza incredibile, quasi carnale, fisica”. Così parla Saverio La Ruina, autore e protagonista di Masculu e fiammina, prodotto da Scena Verticale, dall’8 al 12 novembre al Nuovo di Napoli. “Del resto – prosegue – tutti i grandi interpreti teatrali hanno proposto le loro opere in dialetto. Ci sono anche delle motivazioni drammaturgiche che mi hanno spinto verso questa scelta; i personaggi dei miei spettacoli portano in scena quasi delle confessioni e lo fanno utilizzando il linguaggio che conoscono meglio. Il personaggio di Peppino, in questo lavoro, si rivolge alla madre, una donna del popolo, ignorante, e per parlare con lei esce fuori, quasi in maniera spontanea, la lingua del cuore, il suo dialetto”. La Ruina affronta in Masculu e fiammina un dialogo tra un giovane gay e sua madre morta. In un paese del Sud un omosessuale è ancora oggi visto come un diverso da dileggiare; portarsi addosso l’etichetta di “sbagliati”, spinge a fare scelte dolorose, a tentare di negare la propria natura, a imporre a se stesso la normalità ufficiale. “Racconto anche dell’amore o, meglio, della ricerca dell’amore che Peppino fa anche per provare a fuggire
alla solitudine che caratterizza tutti quando siamo soli, ma che per un gay di provincia è ancora più ossessiva”. La tranquillità di un comune cimitero del Sud spinge l’uomo a raccontarsi, a spogliarsi delle proprie angosce e liberarsi di un peso enorme. Nel finale l’attore, sdraiato sulla tomba della madre, si copre con la neve come a cercare un risveglio in un mondo altro, forse migliore, decisamente più gentile. La ricerca della gentilezza è una delle cifre dello spettacolo, forse in contrapposizione con la crudezza e la brutalità della società contemporanea. “Credo che le scuole – aggiunge La Ruina – dovrebbero avere più coraggio nella scelta degli spettacoli da mostrare ai ragazzi; mi capita spesso di osservare come i giovani, assistendo ai miei lavori, che trattano temi attuali, forti, si immedesimano nei personaggi che propongo, li sentono, li amano… o li detestano. Ciò dimostra che lasciamo qualcosa in loro, li avviciniamo a tematiche fondamentali, da conoscere. La scuola può e deve fare tanto con loro, per loro, e capire che certi argomenti vanno affrontati”.


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