Sgarbi il canta… storia dell’arte... Dopo Michelangelo il critico porta in scena Leonardo e Raffaello

di Anita Curci

"Ad ogni replica vengono circa mille persone. Sono il personaggio più popolare d’Italia nel settore, e gli artisti che racconto in scena lo sono più di me. Perciò riscuoto tanto successo”. Questo il commento di Vittorio Sgarbi che, per le performance Caravaggio e la più recente Michelangelo è riuscito a trascinare in teatro oltre centomila spettatori. Attraverso un percorso trasversale fatto di Storia e di storie, il critico d’arte ferrarese, coadiuvato dalle musiche dal vivo di Valentino Corvino, che è anche il produttore, e le immagini di Tommaso Arosio, narra la vita del Merisi e di Buonarroti esplorando l’intimo universo, talvolta sconosciuto, dei due maestri. In Campania Michelangelo approda il 20 marzo al Comunale Parravano di Caserta e il giorno dopo al De Filippo di Agropoli.
Sgarbi, lei ha portato l’arte in palcoscenico. Dove e quando è cominciato tutto?
“Ho sempre illustrato opere artistiche attraverso discorsi pubblici. Vent’anni fa l’ho fatto per la prima volta a teatro. Ma solo più tardi sono entrato in programmazione nelle stagioni di prosa con uno spettacolo che si intitolava Sgarbi l’altro, partendo da una sala milanese con un produttore di Salerno. Settanta serate, ridotte poi ad una ventina, dove affrontavo gli argomenti più vari, spaziando dalla politica alla quotidianità e all’arte. Dopo gli anni Ottanta mi sono dedicato alla regia lirica con Don Giovanni, Rigoletto… L’ultima opera di cui mi sono occupato, La vedova allegra, è andata in scena il 10 dicembre scorso al Bellini di Catania. Qualche anno fa mi chiamò Corvino, produttore di Augias, Travaglio e Ovadia, che mi propose di rappresentare in palcoscenico la storia di un artista. Così è cominciato questo fortunato percorso”.
Perché raccontare proprio Caravaggio e Michelangelo, e in quest’ordine?
“Il primo l’ho scelto perché è il più attuale tra gli artisti storici. Per Michelangelo discorso diverso: all’inizio immaginavo di fare uno spettacolo sul Rinascimento, poi la coincidenza con un movimento politico che ha lo stesso nome mi ha indotto a cambiare idea per evitare equivoci sulla natura della performance. Quindi, ho virato verso l’artista più significativo di quel periodo”.
Un esperimento non ordinario il suo, si suppone unico, finora, nel suo genere, che ha richiamato migliaia di presenze. Come si spiega tanta affluenza di pubblico in un periodo in cui a riempire le sale sono specialmente gli intrattenimenti definiti “di consumo”?
“Un racconto monologante di due ore su questi temi, come lo faccio io, è possibile che abbia dei precedenti ma non ne ho notizia. Per quel che riguarda il successo dell’operazione, posso affermare che, in questo caso, l’arte e Sgarbi incontrano il favore e l’attenzione del pubblico. Sono uno degli italiani più popolari in questo ambito, poi Caravaggio e Michelangelo lo sono più di me… così si capisce perché il risultato sia stato positivo”.
Ha introdotto un nuovo modo di fare spettacolo, offrendo al pubblico lezioni d’arte, collegandole all’attualità quotidiana attraverso le vicende dei suoi personaggi. In che condizioni di salute crede stia l’altro tipo di teatro, quello tradizionale?
“Non credo sia in buonissime condizioni… A teatro non vado nemmeno se mi pagano. Ma questo dipende anche dal fatto che ho una vita molto affollata. Però potrebbe rinascere attraverso espedienti come quello lanciato dal sottoscritto, e con persone che abbiano qualcosa da dire come me, con la capacità di agitare le idee, oltre che recitare testi di altri e, poi, con interpretazioni particolarmente convincenti. Ce ne sono, e quando si esibiscono incontrano il consenso della platea. Ma molto spesso il teatro è fatto da cani che non hanno niente da comunicare. Manca, il più delle volte, il rapporto diretto con chi sappia trasmettere tensioni e pensieri personali forti”.
Storia dell’arte e palcoscenico, due entità culturali apparentemente lontane che lei ha avvicinato. Quale rapporto crede esista tra loro?
“Un rapporto fecondo. Nel mio caso ha seguito questa strada, in altri si possono anche immaginare rappresentazioni con un interprete che si traveste e interagisce con ulteriori personaggi. Non escludo un legame proficuo tra i due mondi”.
A quale altro artista sta pensando per la scena?
“I prossimi saranno legati da due anniversari. Prima Leonardo poi Raffaello, morti rispettivamente nel 1519 e nel 1520”.
Prepara qualche nuovo libro?
“È appena arrivato in libreria, con la casa editrice La nave di Teseo, il quinto tomo della raccolta Il tesoro d’Italia. Dal mito alla favola bella – Da Canaletto a Boldini. Un percorso storico e geografico sull’arte nel nostro Paese. Il sesto volume sarà l’ultimo”.


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