TANGO GLACIALE - Ritorna lo spettacolo cult di Martone

Dodici scenografie per una rivoluzione

di Stefano Prestisimone


Cinema, teatro, danza e musica fusi assieme in un linguaggio espressivo nuovo, rivoluzionario che ha contribuito a rinnovare il teatro italiano, oltre che quello napoletano. Lo spartiacque è il 1982, quando Tango glaciale lo spettacolo-manifesto di Falso Movimento, irrompe sulla scena con la sua sperimentazione sfrenata e la musica, che va da Debussy a Duke Ellington, passando per la new wave. I tre attori-danzatori (Licia Maglietta, Andrea Renzi e Tomas Arana) si muovono all’interno di una scenografia virtuale realizzata da Lino Fiorito. Il pubblico, al Nuovo, è attonito, rapito da quell’alchimia folle, dal ballo con l’aspirapolvere di Tomas Arana, scena rimasta nell’immaginario collettivo. Il successo si ripeté in tre continenti e ha cambiato la carriera del suo creatore, Mario Martone. Ora quel titolo mitico torna in scena, dal 16 al 28 gennaio, grazie a una ripresa affascinante, affidata da Martone (stavolta nel ruolo di coordinatore) a Anna Redi e Raffaele Di Florio. Il palco è quello del Piccolo Bellini. I tre attori saranno Jozef Gjura, Giulia Odetto, Filippo Porro. Lo spettacolo, che ha segnato un’epoca, “racconta l’attraversamento di una casa da parte dei suoi tre abitanti; dal salotto alla cucina, dal tetto al giardino, dalla piscina al bagno: un’avventura domestica che si trasforma continuamente, proiettandosi nel tempo e nello spazio”, spiega Martone. “La sua meccanica visiva è composta da un sistema di architetture di luce realizzato grazie al montaggio di filmati e diapositive, e permette all’azione scenica di svolgersi in dodici ambienti per dodici diverse scenografie, durante un’ora, alla media di un cambio di scena ogni cinque minuti”.
Ma quello che si vedrà al Piccolo Bellini, che allestimento sarà? “Martone dirige lo spettacolo e nella sua guida si ritrovano gli stimoli e le influenze dalle quali era partito. Su sue indicazioni abbiamo articolato la costruzione dell’allestimento con un processo filologico ed archeologico”, spiegano Anna Redi e Raffaele Di Florio. E proseguono: “Il lavoro è articolato in tre fasi: la prima riguarda la selezione dei tre interpreti, avvenuta dopo una se
rie d’incontri tra Napoli e Torino, con più di 80 candidati provenienti da tutta la penisola, con formazioni diverse, ma tutte vicine alla nostra ricerca. La seconda ha al centro l’allestimento, ovvero la ricostruzione di scenografia, attrezzeria e costumi seguendo le indicazioni dei bozzetti e degli elaborati tecnici, oltre al passaggio in digitale dell’audio e del video. La terza fase, in corso d’opera, riguarda il montaggio, e anche la forza vitale che “Tango glaciale” ha trasmesso nel
1982. Tutto questo grazie alla generosità dei nuovi interpreti e al coordinamento sapiente di Martone”. All’epoca la rappresentazione ebbe un effetto rivoluzionario. La Redi e Di Florio concordano: “L’impatto fu fortissimo per l’intensa visionarietà e per la rottura con un teatro di parola e di tradizione. Il corpo è al centro e la scrittura scenica si basa sul movimento, che non è né danza né training fisico. Si sente la contaminazione con l’arte contemporanea, e ogni scena è come una opera a sé, nella quale vivono gli attori. Lo stile teatrale delle nuove generazioni è vicino alla performance e al teatro-danza e Tango glaciale sicuramente, in questo senso, è stato un precursore”. Fondamentali le musiche, con un cocktail esplosivo: “La musica dà il sentimento a ogni scena”, concludono Redi e Di Florio. “I testi, che sono in inglese, parlano agli interpreti e diventano drammaturgia. E sono evidenti la forte influenza e l’identificazione del gruppo con l’avanguardia. L’attitudine fisica è quasi quella del frontman di una band. E si sente molto quanto la vicinanza alla scena newyorchese e ad artisti come Andy Warhol e a Joseph Beyus”.


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