A 5 anni dalla morte di Franca Rame, Dacia Maraini ricorda l'attrice e il suo impegno

Di Anita Curci

Franca Rame
"Cari Dario e Franca, come vedete dal nostro manifesto (provvisorio, suscettibile di cambiamenti), stiamo organizzando un fronte unitario del teatro politico.
Questo ci sembra necessario, sia per raccogliere le forze sparse del teatro ideologico e insieme condizionare i circuiti non-ufficiali già esistenti, sia per creare un’alternativa al teatro gestuale oggi considerato il solo teatro di qualche consistenza creativa in Italia. Voi siete stati fra i primi a fare questo genere di teatro, non solo, siete stati i primi a forzare la situazione dei circuiti tradizionali, creando nuovi e più democratici canali di comunicazione col pubblico. Per questo penso sarebbe importante che voi foste presenti in questa iniziativa”. Questa lettera, datata 10 dicembre 1973, porta la firma di Dacia Maraini, che continua: “Il vostro lavoro certamente è ben definito ormai, e non ha bisogno del sostegno di nessuno. Ma in questo caso si tratta di radunare delle forze, di trovare legami con quei gruppi che lavorano in una direzione simile alla vostra, ma in condizioni di isolamento, con gravi difficoltà”.
Testimonianza eloquente che conferma la considerazione acquisita dalla coppia Fo/Rame, dal punto di vista sociale, politico e artistico. Franca, milanese, classe 1929, figlia d’arte, moglie di Dario Fo, senatrice nelle elezioni 2006, attrice, drammaturga, la ricordiamo a cinque anni dalla morte, avvenuta il 29 maggio del 2013.
Scritturata nel ’50 da Tino Scotti, proseguì la carriera teatrale con la compagnia costituita nel ’58 assieme al marito. Nel ’68 fondò il collettivo Nuova Scena e La Comune. Sono gli anni in cui portò in scena la satira politica, con Morte accidentale di un anarchico e Non si paga, Non si paga!. Poi l’impegno col Movimento femminista e, a teatro, con i suoi testi: Grasso è bello!; Tutta casa, letto e chiesa; La madre. Attivista al sostegno di Soccorso Rosso, l’organizzazione che aiutava gli operai nelle lotte di fabbrica, i militanti carcerati colpiti dalla repressione, attraverso il monitoraggio delle loro condizioni di vita e l’assistenza legale. Da qui ricerche, inchieste e rappresentazioni.
Il 9 marzo del 1973, costretta a salire su un furgoncino da cinque uomini dell’estrema destra, fu malmenata e stuprata per ore.
“Si trattò di una violenza di matrice politica, lo scopo era umiliare, mortificare il nemico… Lei ha pagato di persona per le battaglie concrete portate avanti assieme a Dario, con cui devolveva i proventi degli spettacoli ai detenuti, andando in giro per l’Italia a parlare con la gente, a spiegare”, ricorda la Maraini. “Eppure Franca non si è mai lamentata. Anzi, evitando vittimismi, ha messo con umorismo in scena la violenza subita, facendo capire al pubblico l’orrore vissuto”.
Lo stupro, il titolo dello spettacolo che la

Dacia Maraini

Rame ha proposto per anni nei teatri italiani, esorcizzando così il dolore con il suo racconto e sostenendo altre donne vittime di violenza, anche attraverso una campagna in difesa dei diritti femminili. La pièce, ancora rappresentata, continua a raccogliere consensi.
“Tra l’altro,” continua la saggista e drammaturga fiesolana, “in quello stupro, le ruppero anche un braccio che è rimasto per tutta la vita debole. Lei lamentava spesso un dolore alla spalla. La cosa terribile è che questi vendicatori sono stati giudicati 25 anni dopo e, grazie alla prescrizione, non hanno fatto nemmeno un giorno di galera”.
In epoca di abuso crescente sulle donne e di femminicidio, la figura della Rame, con lo stupro che subì, assume oggi un significato particolare, e si erge a simbolo della lotta contro la violenza espressa dal maschio per imporre la propria autorità, a dimostrazione del fatto che l’unico a non essersi ancora emancipato probabilmente è proprio lui...
“Franca Rame” conclude Dacia Maraini, “rappresenta un esempio per le giovani di oggi, per il coraggio e la determinazione con cui ha condotto la sua vita di teatrante, sempre attenta agli umili e agli esclusi, sempre dalla parte delle donne, senza fanatismi e compiacimenti. Per questo la ricordo con affetto e stima”.


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