Sulle ceneri di Luparella nasce la saga mediterranea di Grand’Estate

Moscato al Nuovo riparte dalla sua prostituta in una pièce che segue le vite delle sue amiche
di Caterina Portrandolfo 
Enzo Moscato, il filosofo, drammaturgo, regista, attore, intellettuale tra i più fervidi del panorama teatrale contemporaneo, vive ai Quartieri Spagnoli, ispirazione della sua scrittura. Una scrittura che è lo stesso corpo di

Napoli. Il corpo della “città di luce e mare”, ferito dalla “lama” che lo divide in due: Via Toledo.  E lo sguardo del poeta indaga con nostalgia sul passato di una città immersa in altri umori. Una Napoli fervida, originale, intrisa di umanità marginale, possente e sconvolgente, che ha ispirato - da Boccaccio a Viviani, da Goethe a Patroni Griffi - le pagine memorabili, a cui Moscato guarda continuamente, degno erede di chi lo ha preceduto. E dalla scrittura nasce il suo prossimo impegno drammaturgico, prodotto da Casa del Contemporaneo, Grand’Estate (Un delirio fantastorico, 1937/1960…ed oltre) in debutto nazionale al Teatro Nuovo di Napoli dall’11 al 22 novembre, da egli stesso interpretato e diretto.
Dopo il successo della Carmen scritto per Martone, la nuova drammaturgia Grand’Estate.
“Sì, una narrazione delirante di ben quattro decenni. Voci e corpi in scena. Una saga mediterranea di irresistibile comicità”.
Di che si tratta? 
“Di una Comédie Humaine, per citare Balzac. Una babelica commedia umana con cui ripensare a Napoli e alla sua lingua leggendaria, dove risalgo a un prima e a un dopo della vicenda di Luparella, scritta nel 1983. Quella storia si svolge nel ‘43 in un bordello dei Quartieri Spagnoli. Grand’Estate insegue le storie anche delle altre prostitute di quel casino. Il testo ha un piglio satirico e comico. E si concentra sulle figure sgangherate che vivono ai margini della vita sociale, come metafora di Napoli. Un volo temporale che già dal titolo denuncia il mio disprezzo per le piccole estati di oggi. Tristi e conformiste”.
Oltre a Grand’ Estate, l’autunno la vedrà impegnato anche come insegnante in un laboratorio sulla scrittura teatrale promosso dal Teatro Pubblico Campano.
“Saranno 10 incontri, tra il 16 novembre e il 10 dicembre, dedicati a chi ha la vocazione del teatro e della scrittura. Tengo a instillare nei partecipanti l’amore per il teatro, che è continua ricerca. Tanti giovani mirano al provino di cinema, al successo. Le sollecitazioni alla superficialità di questi tempi sono troppe. Io vinsi il Premio Riccione nel 1985, sgominando cinquecento concorrenti. Avrei potuto fermarmi lì. Il teatro è un’arte che non si può fare senza cultura e senza studiare chi ci ha preceduto. Bisogna fare un viaggio nel passato. Oggi sembra che venga prima il web, poi il talento”.
Una volta ha dichiarato: “…non immagino di finire la mia vita come drammaturgo, perché ci sono cose molto più importanti del teatro”. Mi è sembrato di leggere tra le righe una sua denuncia sull’incapacità del teatro oggi di farsi interprete delle grandi tragedie contemporanee. “In filosofia esiste un termine: individuazione. Cercare di comprendere quale sia il destino per cui siamo fatti.  Essere approdato dalla filosofia al teatro è stato per me un destino. Bisogna interpretare qualsiasi manifestazione dell’esistere. C’è stato un momento in cui mi sono sentito più attore, a volte mi sono sentito più un medico. Hume dice a proposito: “possibilmente plurali”. Non sappiamo qual è la meta destinale, a meno di non chiudersi in una categoria. L’esigenza di mutazione per un essere umano è importante. Io invito chi si avvicina al teatro a non farlo con l’atteggiamento “professionale”. Perché la chiamata è misteriosa, divina e demoniaca. E soprattutto difficile in un’epoca priva di metafisica”.
Ha fatto delle rinunce per interpretare al meglio questo suo destino?
“Ho preferito essere libero, libero di scrivere, che schiavo di qualcuno o di un ruolo. Cosa che oggi mi ha permesso di dedicare anche tempo a questa intervista. Ho poggiato la penna, e sto parlando con te. Per questa libertà, per avere il tempo di essere me stesso, ho rinunciato a un certo tipo di carriera teatrale e cinematografica. Il successo è anche alienazione. Io mi occupo di una delle arti più antiche del mondo: il teatro. E lo devo dire che cos’è il teatro, devo dire ciò che è falso e ciò che è vero. Una lezione etica”.

LABORATORIO
Appuntamento imperdibile con il laboratorio di Enzo Moscato (10 incontri, tra il 16 novembre e il 10 dicembre) sulla scrittura teatrale che si terrà a Napoli presso il Nuovo Teatro Nuovo nell’ambito del progetto Ritmos Vocales organizzato dal Teatro Pubblico Campano in collaborazione con la Compagnia Teatrale Enzo Moscato. Il corso, aperto a tutti, richiede invio domanda corredata di CV e lettera motivazionale a: organizzazione@teatronuovonapoli.it entro il 28 ottobre 2015. www.teatronuovonapoli.it Info: 081 7345210
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