Barboni all’ombra della Tour Eiffel “Aspettando Godot”. Scaparro rilegge Beckett: "l’assenza di una guida che ci indichi una via"

di Francesco Gaudiosi
Il capolavoro beckettiano Aspettando Godot in scena al Teatro Nuovo di Napoli con la regia di Maurizio Scaparro dal 27 al 31 gennaio, da una produzione Centro d’Arte Contemporanea Teatro Carcano di Milano. L’ambientazione è quella dell’Europa novecentesca, in bilico tra il desiderio di conoscere il nuovo e la consapevolezza di dover attendere. “Il giorno splende un istante, ed è subito notte”, come dice Pozzo. “Vorrei poter idealmente dedicare questa nostra fatica all’Europa della Cultura, ma anche a quelle parole che Beckett sussurra quasi per caso, come teatro, varietà, circo” afferma Scaparro. In scena, insieme a Edoardo Siravo ed Enrico Bonavera, Antonio Salines e Luciano Virgilio, rispettivamente Estragone e Vladimiro. “Siamo alla seconda edizione di Aspettando Godot, la prima - di circa quindici anni fa – aveva cast e regia differenti”, racconta Salines. “Scaparro è accattivante, ha reso un classico considerato difficile, in qualcosa di poetico e comprensibile al pubblico”. Per questo allestimento il regista romano immagina un’Europa perduta, con i due barboni fermi a parlare davanti alla Tour Eiffel col sottofondo di musiche francesi. “Se si pensa di fare Beckett come un teatro di innovazione si sbaglia, bisogna pensare a Beckett come a un teatro tradizionale. Lo voleva lo stesso autore”, continua Salines, “Molti si chiedono chi sia Godot, perché non viene mai, ce lo si immagina in mille modi.Il pubblico ride, si lascia andare”.  Una commedia con tutte le caratteristiche del
grottesco che racconta l’impossibilità di incidere una realtà immutabile. “È quello che succede nella nostra società. La vita è fatta di microeventi che ci danno l’illusione di avanzare, mentre restiamo tragicamente ancorati a un destino fatto di niente, o di molto poco”, spiega Virgilio, “In questo caso lo spettatore si trova davanti a una scena che segnala una grande assenza: una guida che ci indichi una via d’uscita da questo niente che è in noi. Beckett esprime una verità che arriva fino ai nostri giorni”. Estragone e Vladimiro, figure complementari comicamente contradditorie, capaci di amara ironia, ottimismo e depressione, con una sola miserabile certezza: dover andare avanti.
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