Effetto Crave la Kane al Nuovo secondo Sepe

di Maddalena Porcelli
“Crave non racconta scene di vita quotidiana, ma è tutto incentrato su voci interiori che non esprimono senso compiuto ma restituiscono al pubblico immagini di grande forza emotiva”, così il regista Pierpaolo Sepe descrive il dramma di Sara Kane che, prodotto da La Casa del Contemporaneo, andrà in scena al Teatro Nuovo di Napoli dal 10 al 13 dicembre. “Essendo un’opera essenzialmente poetica, il lavoro ha comportato un enorme sforzo, soprattutto nel cogliere il suo colore emotivo, pur rimanendo attaccati a un criterio algebrico di restituzione ritmica del tempo. Per fortuna gli attori, Daria d’Acunto, Gabriele Colferai, Gabriele Guerra, Morena Rastelli, sono riusciti a incarnare benissimo le quattro storie che poi forse è una storia unica”.
Sepe, come ha concepito la messinscena? 
“Ci sono corpi, spasmi, urla, corse… C’è una gabbia, che rappresenta la prigione in cui è confinata la coscienza. E luci… Tutto si traduce in immagini.  E’ come se queste persone non avessero accesso alla luce, a una possibilità altra. I personaggi, privi di un’identità precisa, avulsi da un qualsiasi contesto, deprivati di ogni caratteristica di realismo psicologico, sono immagini derivanti da un’interiorità in conflitto”.
Sull’esperienza svolta all’ex asilo Filangieri, dove ha svolto un laboratorio su L’uomo in rivolta di Albert Camus?
 “Realtà come quella dell’ex Asilo Filangieri ci restituiscono un senso ideale da coltivare. Sono luoghi di condivisione, in cui la cultura dell’arte e della rappresentazione teatrale viene sottratta alle regole di mercato fondate sulla divinazione del denaro”.

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