di Daniela Morante
Al Teatro Bellini di Napoli dall’8 al 13 dicembre, La Verità, un viaggio poetico e
acrobatico nel surrealismo.Scritto e diretto da Daniele Finzi Pasca.
La verità forse è sotto quei cerotti color pelle sui corpi
tonici degli artisti.
E’ nei battibecchi e dispetti tra prime donne.
Nei servi di scena nero vestiti che nell’ombra sostengono l’azione
scenica.
Nelle boutade ironiche di un gruppo di artisti che ammiccano
agli occhi di un pubblico in platea.
“La verità non è fatta di quel sangue al gusto di pomodoro”
e nemmeno di quelle lacrime di paraffina.
La verità si nasconde ai nostri occhi, così come la grande
tela di Dalì nasconde la sua di verità e con essa il senso stesso dell’opera.
La tela rappresenta Tristano e Isotta, ma dei due non si
comprende chi sia l’uno e chi l’altra; perché il mantello sia blu, perché il
paesaggio di fondo sia così tetro senza né giorno né notte, il perché degli
oggetti sparsi non per caso, delle crepe profonde e delle mani rugose. Il tutto
suggerisce, silente, indizi di senso, possibili connessioni e rimandi visivi come
porte aperte verso una comprensione più alta di una realtà surreale che invita allo
smarrimento della coscienza.
E qui ci si interroga; da uno spunto visivo di una tela si
arriva alle arti sceniche, al concetto di verità teatrale come possibile portatrice
di senso. Lasciando la sequenza logica delle tre regole aristoteliche - tempo,
luogo e azione- ci si può addentrare nella verità dell’arte scenica?
Ogni singola esibizione procede senza senso apparente, come
in un sogno.
Tredici artisti esprimono così la propria verità.
Roteando sfidano, tra equilibri instabili, le leggi di
gravità.
Distorcono l’anatomia dei propri corpi.
Suonano vetro ed acqua.
Cantano come bambini d’altri tempi, filastrocche e poesie.
Ognuno, da solo o in coppia o nella coralità dell’intero
gruppo.
La poesia dei corpi.
Il senso del lavoro allora ci appare, intuitivamente sembra
percepirlo: una verità espressa come valore universale da corpi in movimento, nel
qui ed ora del presente. Una fisicità come
indizio di esistenza, vera vita, vissuta, sfidata, domata, stremata da allenamento
e sofferenza, concretezza che non mente.
Una verità che si nasconde nelle ferite delle carni, sotto
cerotti color pelle sui corpi tonici di artisti, una verità fatta di carne
lacerata e sudore, ma che per questo instancabilmente genera poesia.
Con Moira Albertalli, Erika Bettin, Jean-Philippe Cuerrier, Stéphane Gentilini, Andrée-Anne, Gingras-Roy, James Kingsford-Smith, Francesco Lanciotti, David Menes, Marco Paoletti, Felix Salas, Beatriz Sayad, Rolando Tarquini.
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