“STRATEGIE FATALI”, per un teatro che si fa interprete della realtà: intervista a Lino Musella e Paolo Mazzarelli


 di Andrea Fiorillo

La Compagnia MusellaMazzarelli, considerata una tra le più interessanti e originali realtà nel panorama della nuova scena teatrale italiana, MARCHE TEATRO Teatro di Rilevante Interesse Culturale ed EmmeA Teatro, presenteranno al Teatro Nuovo di Napoli, dal 2 al 6 Dicembre, Strategie Fatali.
Scritto e diretto da Lino Musella e Paolo Mazzarelli, con Dario Iubatti assistente alla regia, lo spettacolo vedrà in scena Marco Foschi, Fabio Monti, Paolo Mazzarelli, Lino Musella, Laura Graziosi, Astrid Casali, Giulia Salvarani.
Accompagnate dalle musiche originali di Luca Canciello, tre storie si intrecceranno  fra loro, sette attori, sedici personaggi, riuniti in un'unica multiforme indagine che, nell’ambientazione comune di un Teatro, mette di fronte alcuni dei grandi temi del contemporaneo (il terrore, il porno, i nuovi media) con alcuni temi eterni dell'essere umano (il maligno, l'illusione, il fantasma, ancora il Teatro).

Mazzarelli, Strategie Fatali, saggio degli anni 70 di Jean Baudrillard, punto di partenza o riferimento assoluto per questa messa scena?

Assolutamente non un riferimento assoluto anche perché già dal titolo stesso, modificato rispetto al saggio di Baudrillard che si intitola “Le Strategie Fatali”, si evince che è stato per noi un punto di partenza, un ispirazione di base per alcuni degli argomenti trattati. È un libro complesso, che è stato per me e per Lino Musella, fonte di ispirazione forte, cosi come lo è stato l’Otello di Shakespeare, presente in maniera anche più forte del saggio di cui stiamo appunto parlando. Due testi che sono alla base di una drammaturgia completamente originale.
Secondo Baudrillard, la crescita, l’accelerazione e la proliferazione dei beni materiali è accompagnata dall’inerzia. Il processo di crescita presenta una catastrofe per il soggetto, il cui interesse per il gioco degli oggetti si trasforma in apatia, stordimento, saturazione. In che modo questi concetti si trasformano in azione scenica?
Ci son tanti temi all’interno di questo saggio, che afferma e nega molto spesso, sfugge all’unicità dell’interpretazione. Alcuni di questi sono stati da noi presi in esame e trasformati in materia. Al centro del tutto sicuramente c’è la questione sulla potenza dell’oggetto, che in scena divento strumento che agisce, con un potere che, come afferma Baudrillard, crea stordimento, sopraffazione. Uno di questi ad esempio è un video porno che cambia completamente il corso degli eventi, o una bomba, entrambi così forti da diventare propulsori di qualcosa di inaspettato.
L’altro concetto centrale dello spettacolo è la necessita di cui il saggista francese parla di una scena in contrasto alla realtà diventata oscena: una necessità quindi di trovare un’illusione affinché le cose possano avere un senso, un bisogno di condividere un enigma, un segreto. Ed è questo il modo in cui il saggio entra nel nostro spettacolo.


Quindi la scena, ossia il teatro, può rappresentare una via di fuga, uno spiraglio di salvezza dall’osceno?

Nella finzione, nelle illusioni, nelle apparenza, si ritrova, paradossalmente, una verità. Si continuerà a negare nell’intreccio delle tre storie presenti nel nostro testo, una realtà evidente, che si rivela avere sotto una verità più complessa. È come il discorso dei veli, dove è il reale che si manifesta come un velo stesso, ed il Teatro diventa il luogo dove ciò accade, anche nelle storie che raccontiamo,perché inteso sia come ambiente fisico che come ultimo possibile luogo di indagine metafisica.

Con la vostra Compagnia siete considerati, ormai, una tra le più interessanti e originali realtà nel panorama della nuova scena teatrale italiana. Come è avvenuto l'incontro tra Mazzarelli e Musella?

L’incontro è stato come quello di due essere umani che si conoscono perché condividono casa. Poi abbiamo cominciato a lavorare in vari modi, e per lo più, al principio del nostro percorso, io ero più alla regia mentre Lino in scena. Dopo un po' ci siamo poi resi conto che era bello condividere al cinquanta per cento l’intera fase di creazione e messa in scena e quindi abbiamo messo su una compagnia.

Lei è attivo al cinema e in televisione in maniera abbastanza intensa, ma è il teatro che riesce a soddisfare in maniera più completa le sue esigenze espressive?

Si perché nel teatro è l’unico momento in cui mi prendo la libertà e la responsabilità di avere un approccio creativo, mentre al cinema o in televisione faccio esclusivamente l’attore. Il lavoro con Lino mi consente di aprire altri canali espressivi più complessi, più intensi, più grandi, più profondi.

Musella, insieme a Mazzarelli state costruendo un percorso drammaturgico molto coerente e anche innovativo. In base a quali valutazioni scegliete gli argomenti su cui poi costruite i vostri testi?

Ci sono sempre dei cuori drammaturgici che cerchiamo, con una gestazione di circa un anno, ed è stato così dal primo spettacolo scritto insieme. In questo caso, circa un anno e mezzo fa, abbiamo cercato una storia che fosse ambientata in Teatro e che parlasse di teatro, abbiamo cercato un modello drammaturgico diverso, quindi lontano da quello classico de La Società scritto nel 2012, ed abbiamo provato a creare una sorta di corto circuito tra le tre storie raccontate, unite insieme da legami non esattamente logici.
L’Otello è il riferimento per una delle storie raccontate, perché una compagnia sta appunto provando il testo, mentre Le Strategie Fatali ha ispirato una ricerca nel nostro lavoro drammaturgico, ma per nessuno dei due testi citati c’è la messa in scena di ciò di cui entrambi raccontano. Per chi li ha letti ci saranno sicuramente dei riferimenti più chiari, così come chi non li conosce non avrà nessuna difficoltà di lettura ed interpretazione.

Il fatto di essere una coppia di autori, registi e attori si rispecchia anche nei vostri lavori, dove spesso le storie si sdoppiano, e a volte si moltiplicano, come succede per quest'ultimo allestimento. E' solo un caso o è un metodo per conciliare in chiave scenica e drammaturgica le vostre diverse personalità artistiche?

Si, probabilmente noi cerchiamo un rapporto totale con questo lavoro, che va al di là della scena stessa. Crescere all’interno significa sviluppare un linguaggio che nonostante sia strettamente personale, diventa anche comune, ed è ciò che poi diventa incontro.

In senso pratico, come lavorate alla costruzione di uno spettacolo? Il continuo confronto con “l'altro” a cui dovete sottoporvi causa momenti di crisi?

Continuamente, ma le collaborazioni sono l’unica possibilità del futuro del Teatro. Guai a ghettizzassi, bisogna provare sempre a spostarsi da sé. L’attenzione eccessiva sul sé crea dei buchi, mentre già in due si è moltitudine e confronto.

Il vostro lavoro, partendo da situazioni soggettive, si lega sempre, poi, a importanti temi della nostra contemporaneità. Credete che il teatro nonostante la vertiginosa evoluzione dei mezzi di comunicazione possa essere ancora uno strumento valido per interpretare la complessità così sfuggente della nostra attuale realtà?

Non solo riesce a leggere la realtà, ad interpretarla, ma penso fortemente che il Teatro oltre a contenere gli argomenti del contemporaneo, sia esso stesso argomento del contemporaneo. In questo spettacolo il Teatro non è solo contenitore ma anche contenuto. Qui siamo in teatro per parlare di altri argomenti, ma anche per raccontare del teatro stesso rispetto alla nostra società. Diventa quindi punto centrale e non solo strumento.
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