Paravidino va in scena con i fantasmi- Incubo, ironia e commedia nella nuova pièce del drammaturgo

di Giuseppe Giorgio
Nel riproporre il tema di tanti thriller e film del mistero, oppure, come afferma lo stesso autore, attore e regista Fausto Paravidino, nel presentare uno spaccato sulla paura a tutto tondo, ovvero “sul timore dei fenomeni inspiegabili, dell'irrazionale, della percezione dell’estraneo come ignota minaccia”, I Vicini, prodotto dal Teatro Stabile di Bolzano, sarà in scena dal 16 al 20 marzo al Teatro Nuovo di Napoli. Giocando alla sua maniera, con la suspense, anche per effetto delle tante esperienze cinematografiche, Paravidino, con il suo lavoro, tra paure reali e immaginarie, insiste abilmente su quelle sensazioni interiori relative ad un pericolo, sia pure invisibile, percepibile e incombente. Scatenando tra il pubblico l'ossessiva certezza che in ogni istante possa accadere qualcosa di indefinibile, l'autorevole drammaturgo classe 1976, riesce a fondere tra loro l'ironia e lo spavento, aggiungendo al tutto una generosa dose di tensione. Ed è con queste premesse che l'autore della provincia di Alessandria, esibendo un'eccezionale proprietà letteraria e un innato spirito di composizione e costruzione del dialogo, porta in teatro i più svariati stilemi di una drammaturgia più unica che rara. Grazie a uno spettacolo capace di divertire e incuriosire, Paravidino, in scena con Iris Fusetti, Sara Putignano, Davide Lorino e Monica Samassa con i personaggi di Lui, Greta, Chiara, suo Marito e la Vecchia, riesce a mantenere sempre alta l'attenzione.
Come descriverebbe la sua commedia e in quale genere la collocherebbe?
“La descriverei come un esperimento, una storia di fantasmi. Sicuramente non si tratta di un giallo ma sinceramente non saprei in quale genere collocarla. Probabilmente si tratta di un incubo che si tramuta in una commedia che però finisce bene. Scrivendo questa storia, ho cercato solo di seguire ciò che succedeva dopo l'inizio. Soltanto lavorandoci con gli attori, cioè in seguito, ho capito di trovarmi dinanzi a un lavoro che parla della paura dei vicini e dei fantasmi. La storia si basa su un intreccio strano dove i vicini rappresentano le paure vicine e fuori di noi mentre la paura stessa, rappresenta il desiderio di trasformarsi”.
Qual è il suo pensiero a proposito del fantasma della sua commedia?
“Il fantasma è un morto che è tornato di qua perché aveva dei conti in sospeso. Se uno non crede nei fantasmi lo stesso è una proiezione di qualcosa, di una paura che uno ha dentro. Nel nostro caso il fantasma c'è. Così come in Amleto. Ed è una proiezione derivata dal complesso di Edipo e dall'antipatia del protagonista per lo zio”.
In sintesi, a cosa si potrebbe paragonare il suo lavoro e cosa scoprono i protagonisti Lui e Greta?
“A una specie di giochi di specchi dove noi entriamo in risonanza con gli altri e possiamo vedere delle parti di noi come il nostro nero, la nostra paura. Lui e Greta, scoprono qualcosa di loro, qualcosa che gli fa paura fino a quando impareranno a non averne più”.
Recentemente, insieme ad altri drammaturghi, ha rappresentato il teatro italiano a New York, cosa può dirci di questa esperienza?
“Sono stato felice di prendere parte con I Vicini all' Italian Playwrights Project, il cui
intento è quello di portare negli States il meglio della drammaturgia italiana contemporanea. E' stato interessante, in virtù del Premio Hystrio alla Drammaturgia ottenuto nel 2013, prendere parte presso il Segal Theatre a una iniziativa davvero di grande prestigio”.


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