di Alfredo Carosella

Signora Romanello, come e quando è nato il Nest?
“Il Nest nasce cinque anni fa, quando un gruppo di
artisti, il Collettivo Nest, che risponde alle persone di
Francesco Di Leva, Giuseppe Gaudino, Giuseppe Miale di Mauro, Adriano Pantaleo
e Andrea Vellotti cercava disperatamente un
luogo per provare, produrre arte e mettere a disposizione dei più giovani la
propria creatività. Cominciammo così a cercare uno spazio che potesse diventare
ciò che avevamo in mente. Chiedemmo al preside della scuola media Giotto-Monti di affidarci la palestra in disuso
per farne laboratori con i ragazzi della scuola: ci siamo innamorati di quello
spazio e non lo abbiamo più lasciato”.
Poi cosa è successo?
“Il collettivo artistico ha da subito visto in quello
spazio molto più di una semplice sala prove. Abbiamo cominciato a lavorare per
trasformarlo in un vero teatro. È stato necessario affrontare una lotta con la
burocrazia ma alla fine siamo riusciti nel nostro intento”.
Perché aprire un teatro nella periferia di Napoli?
“Avere un simile spazio
nel proprio quartiere, dove si è nati e cresciuti, era un’esigenza fortissima.
Conoscere il quartiere, le potenzialità e le difficoltà, significa anche essere
stimolati a produrre e a offrire a quel territorio opportunità e occasioni. Un
teatro a Napoli est, poi, rappresentava per noi e per gli artisti del
collettivo un’altra sfida che avevamo voglia di vincere: capovolgere l’idea per
cui dalla periferia bisogna andare al centro per assistere al buon teatro. Oggi è
dal centro che si spostano per venire da noi”.
Chi sceglie il programma delle rappresentazioni e cosa
cerca in particolare?
“Il programma è scelto dal Collettivo Nest.
La linea artistica della stagione è caratterizzata dalla volontà di portare sul
territorio spettacoli che per una serie di motivi non riescono ad arrivare in
città, nonostante siano spettacoli che girano in lungo e in largo l’Italia.
Compagnie giovani e meno giovani, che hanno ricevuto importanti riconoscimenti,
che sono punte di diamante della drammaturgia contemporanea, e che nonostante
questo, faticano a trovare spazi adeguati”.
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