Di Germana Squillace
È ambientato nel 2020 Human Farm, che andrà in scena al Teatro
Bellini dal 12 al 17 aprile, trentasei anni dopo 1984, l’opera di George Orwell scritta nel 1948, trentasei anni prima. La drammaturgia della pièce,
che ha la regia di Rosa Masciopinto e la produzione di Muricena Teatro, è
curata da Massimo Maraviglia. Oltre che a 1984,
Human Farm è liberamente ispirato
anche a La fattoria
degli animali.
Maraviglia,
perché George Orwell?
“Quando la Compagnia
Muricena mi chiamò per chi
edermi un adattamento
di 1984 fui molto contento, perché
nutro per le tematiche di Orwell un grande interesse, sebbene non preferisca la
letteratura distopica. Nell’universo diegetico di Orwell c’è un Grande Fratello
che controlla i piccoli fratelli, in quello di Human Farm ci sono tre “fratelli” medi che parlano tutti insieme,
simulano dialogo ma spesso monologano. Tutti controllano tutti, dunque nessuno
controlla più nessuno. Il mondo di Orwell parla di una verità artatamente
celata ma che da qualche parte esiste. Il mondo reale sotteso a Human Farm parla dell’azzeramento di ogni possibilità di discernimento tra vero o falso,
reale o virtuale, e della conseguente negazione di ogni possibilità di
esercizio di fede o anche solo di fiducia, premessa indispensabile di ogni
azione sensata”.
Nella
pièce l’elemento che sconvolge la routine dei tre personaggi
è l’interruzione della corrente elettrica. Ma
questo evento sarebbe così catastrofico anche nella realtà?
“Se ciò accadesse dovremmo
attrezzarci per affrontare una nuova preistoria.
Saremmo costretti a comunicare nuovamente de
visu, liberi dalla virtualizzazione del mondo,
e passeremmo forse a una sua nuova esplorazione.
È una prospettiva radiosamente catastrofica, prossima a un’utopia”.
I
tre personaggi sono impiegati al Ministero della
Comunicazione. Questo ci fa capire che è la
comunicazione la vera protagonista dell’opera…
“Probabilmente sì. Il suo scenario è radicalmente cambiato col
passaggio dai vecchi ai nuovi media. Comunicare è un atto di relazione e interpersonale, intrinsecamente
democratico, e l’avvento dei nuovi media che, di
fatto, ha aperto questa possibilità, non sono
certo che sia stata colta appieno”.
Dato
che oggi si comunica principalmente attraverso i mezzi elettronici sarebbe
possibile ricreare una comunicazione basata sul face-to-face?
“Più che possibile sarebbe
necessario e non so come questo cambiamento possa accadere se non partendo
dalle nostre modalità relazionali. L’altro giorno ho assistito a una sessione
di lavoro di un gruppo di adolescenti che hanno iniziato a studiare teatro. A
un certo punto il maestro di canto ha chiesto loro di intonare una canzone.
Conoscevano solo inni da tifoseria. Ho pensato a tutte le canzoni di cui noi da
ragazzi disponevamo e mi sono chiesto: “Cosa e quando abbiamo sbagliato?”. Nel
buio dovuto all’interruzione di corrente (metaforica prima ancora che reale)
possiamo sperare di intravedere qualche risposta? Human Farm, in qualche modo, credo che accarezzi questa domanda”.
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