Per Rigillo una favola nera e tragica. L’attore-regista al Mercadante con un “monumentale” Shakespeare

di Stefano Prestisimone

Affonda le sue radici nel mito, Re Lear di Shakespeare. La storia crudele che racconta del re di Britannia e del rapporto tormentato con le sue tre figlie, è un capo d’opera del Bardo e un esame per qualsiasi attore. Anche per un maestro del teatro come Mariano Rigillo che ha alle spalle 50 anni di palcoscenico. Un lavoro monumentale, in versi e prosa, in cinque atti e con uno schema a doppio intreccio, ovvero una storia secondaria che serve a far risaltare l’azione principale. Proposto naturalmente in una versione ridotta, è uno degli appuntamenti clou della stagione teatrale napoletana, in scena dal 20 aprile al Mercadante, con la produzione dello Stabile di Catania e dello Stabile napoletano, la regia di Giuseppe Dipasquale e, accanto a Mariano Rigillo, un cast con Anna Teresa Rossini, che oltre ad essere partner teatrale è anche la moglie di Rigillo, quindi Sebastiano Tringali, David Coco, Filippo Brazzaventre, Silvia Siravo, Giorgio Musumeci, Luigi Tabita, Cesare Biondolillo, Enzo Gambino, Roberto Pappalardo.
E’ il suo primo Re Lear, Rigillo?
“Si, anche perché è un ruolo che puoi interpretare solo nella grande maturità, Lear è un re molto anziano, un gigante della vecchiaia e paradossalmente ci vorrebbe un attore centenario con la forza di un 70enne. È una favola nera e tragica, un lavoro fantastico, con un protagonista immaginario, che si svolge in un luogo, la Britannia, volutamente poco identificabile. L’unico contatto con la vera geografia c’è quando si cita Dover. Inutile dire che si tratta di un capolavoro di ogni tempo, con forza e complessità impressionanti. E pezzi di un lirismo altissimo. Contrappone il bene e il male con un tale voglia di emozionare il pubblico da far restare di stucco anche chi è sul palco da oltre mezzo secolo”.
Come si è preparato?
“Leggendo, studiando nel profondo l’opera intera, e vi garantisco che è dura. È  monumentale, con le sue storie parallele che s’intrecciano perfettamente con la principale, grazie alla similitudine dei drammi. Il conte di Gloucester e il dramma dei rapporti tra i suoi due figli, Edgard e Edmund, si insinua nella scia di Re Lear, ingigantendola. E poi c’è tutto lo spaccato sulla follia di alcuni personaggi chiave. Shakespeare riunisce nello stesso dramma Edgard,  che si finge pazzo, Lear, che sta diventando pazzo per il dolore, e il buffone del re, riuscendo a tenere separati questi tre livelli di follia. Abbiamo utilizzato la bella traduzione di Masolino D’Amico e chiaramente la nostra è una versione ridotta, perché qui nessun teatro avrebbe la forza di portare in scena l’originale. Solo in alcuni teatri inglesi è stato possibile farlo”.  
 Impossibile raccontare l’intera trama, proviamo a riassumere l’inizio?
“È un dramma che si apre con la decisione del re Lear, stanco e anziano, di abdicare al trono e di dividere il regno tra le sue tre figlie. Ma il re pone loro un test: la figlia che dimostrerà di amarlo di più, otterrà la parte migliore. Regan e Goneril proclamano con parole piene di trasporto il loro amore al padre, Lear è soddisfatto e assegna loro una parte del regno. Ma conserva la migliore per la figlia più giovane, la sua prediletta, Cordelia che, però, è poco incline alle falsità e dichiara semplicemente di amare Lear tanto quanto una figlia può amare un padre. Lear furioso tenta di persuadere Cordelia di riconsiderare la sua risposta, ma senza successo. Quindi Lear in preda al furore decide di non concedere a Cordelia alcuna terra e di bandirla dal regno. Da qui poi si scatenano una serie di eventi che portano al chiarimento, al perdono, ma anche alla tragedia finale”.
Avere accanto sulla scena la compagnia della vita, Anna Teresa Rossini, è un vantaggio?

“C’è uno scambio reciproco, ci sosteniamo a vicenda, in un certo senso. E poi l’intesa artistica  ne beneficia. In questo Re Lear, Anna Teresa tra l’altro non interpreta un ruolo femminile, ma quello del buffone di corte, il pazzo. Un’idea del regista che per rimarcare alcuni caratteri, come quelli delle due sorelle perfide di Cordelia, ovvero Regan e Goneril, ha fatto interpretare i loro personaggi da attori”. 


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