"La mia eroina eduardiana è fatta di anima". La D'Abbraccio al Diana con Gleijeses. Regia della Cavani

di Stefano Prestisimone


La dedicò alla sorella Titina, sublime attrice, ed è la commedia di Eduardo più rappresentata all’estero. Scritta nel '46, debuttò il 7 novembre al Politeama di Napoli, oggi festeggia settant'anni. Quando parli di Filumena Marturano parli di capolavoro, ed è a questo capo d’opera che si è avvicinato con molto rispetto e grande ambizione Geppy Gleijeses, uno degli allievi cui Eduardo voleva molto bene. Ispirata da un fatto di cronaca, è la storia di Filumena Marturano e Domenico Soriano, coppia tormentata: lei caparbia, ostinata, con un passato di lotte e tristezze, decisa a difendere fino in fondo la vita e il destino dei suoi figli. Lui borghese, figlio di un ricco pasticciere, donnaiolo, amante e proprietario di cavalli da corsa, un po' fiaccato dagli anni che passano e dalla malinconia dei ricordi, è stretto in una morsa dalla donna che ora lo tiene in pugno e a cui prova a ribellarsi.
Filumena Marturano è il titolo roboante con il quale si apre la stagione del Diana il 13 ottobre. Prodotta e interpretata da Gleijeses (Gitiesse Artisti Riuniti), ha in Mariangela D’Abbraccio l’attrice che si confronterà con uno dei personaggi più belli e tosti del teatro moderno. La commedia, che affronta il tema dei diritti dei figli illegittimi, ha debuttato al Festival di Spoleto ed è diretta da una regista anomala per il teatro, Liliana Cavani, fuoriclasse del cinema all’esordio sul palcoscenico. Nel cast Nunzia Schiano, Mimmo Mignemi, Gregorio De Paola, Elisabetta Mirra, Ilenia Oliviero, Agostino Pannone, Fabio Pappacena, Eduardo Scarpetta, con scene e costumi di Raimonda Gaetani.
“Da sempre desideravo interpretare Domenico Soriano, un ruolo straordinario che è punto d’arrivo per un attore di teatro – spiega Gleijeses -, personaggio che nei piani di Eduardo vale quello di Filumena per profondità e sfaccettature, che cambia e si trasforma all’interno dello stesso lavoro. Ho anche pensato di essere un predestinato nell’interpretarlo, perché in fondo, anche secondo i miei amici, sono un po’ Domenico Soriano nella vita. Sono stato uno “sciupafemmine” e mi sono molto divertito in giro come lui. La differenza è che per me il lavoro conta mentre Soriano, figlio di un ricco pasticciere, è molto disincantato. E poi ho un solo figlio, che mi somiglia come una goccia d’acqua, mentre lui si dilania con il problema dei figli illegittimi. Entrare nel personaggio di Mimì Soriano è stato in ogni caso di una facilità estrema, ho imparato il testo in un battibaleno e poi ho curato le sfaccettature. Un po’ come mi accadde quando girammo Così parlò Bellavista di Luciano De Crescenzo, su set c’era un’atmosfera magica così come in questo caso sul palcoscenico”.
E l’esordio della Cavani come regista teatrale?
“Ha dato un taglio al lavoro veramente meraviglioso, direi cinematografico – prosegue -, all’inizio io e Mariangela l’abbiamo introdotta al mondo di Eduardo, avendo entrambi lavorato con lui, ma una volta sul palco lei ha preso in mano la situazione e ci ha diretti in modo stupendo, con un’abilità nel muovere i corpi che non avevo mai visto, facendo venir fuori la verità dei personaggi. Il successo a Spoleto è stato pazzesco, 6-7 minuti di applausi con pubblico in piedi. E ora speriamo di replicare a Napoli”.
Per Mariangela D’Abbraccio è un nuovo tuffo nel mondo edoardiano: “E’ un lavoro che per me ha un alto valore e un profondo significato, ho iniziato con Eduardo la mia carriera e poi ho proseguito con Luca, con il quale ho fatto Napoli milionaria!. Proprio Luca mi concesse i diritti, dovevo farla due anni fa ma poi ho aspettato il momento più giusto. E per fortuna ho fatto anche in tempo a spiegargli il mio progetto su Filumena. Lei è l’Italia, è Napoli, è la voce del popolo, una grande madre e una grande donna. Quasi una rivoluzionaria. Interpretarla è un’emozione gigantesca. Si parla tanto della difficoltà del ruolo, ma io la vedo diversamente. Ho fatto cose in teatro più complesse tecnicamente. Filumena ha dentro però qualcosa che è irripetibile. Per renderla al meglio devi recitare con l’anima. Lei chiede e pretende credibilità, bisogna essere veri fino al midollo, altrimenti è un fallimento. E poi c’è la perfezione del testo, dove ogni parola è pesata e non potrebbe essere sostituita da un’altra”.

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