Di
Rosanna Purchia
I
miei primi quarant’anni di teatro, con in testa sempre l’idea di
aprire e portare il ‘teatro’ ovunque, al di fuori delle mura
fisiche di un edificio, che detiene il palcoscenico o i nostri
uffici. Pochi giorni fa abbiamo avuto ospite Carla Fracci, e con lei
abbiamo ripercorso i momenti in cui lavoravo al Piccolo Teatro e
portavamo insieme Giselle,
o
altri spettacoli di balletto, nelle periferie di Milano, suscitando
la meraviglia in molti -in chi, sorpreso, ci vedeva allestire, in
chi, altrettanto sorpreso, non ci avrebbe creduto-.
Dopo
trentatré anni di Milano e di Piccolo Teatro, accanto a Paolo
Grassi, Giorgio Strehler e Nina Vinchi, la mia indole mi ha portato
anche a Napoli, anzi, ancor più a Napoli, nella mia terra, ad aprire
le porte del San Carlo. Sono sette anni che indefessamente mi prodigo
affinché il San Carlo possa raggiungere chi al Massimo di Napoli non
è ancora entrato o vorrebbe varcare quella soglia più spesso.
Abbattere quelle barriere, talvolta fisiche, talvolta di diffidenza,
che sono un ostacolo. Così sono nati tanti progetti (il San Carlo
per il sociale è tra questi, con un’infinità di ramificazioni);
questo ci porta ad aumentare le alzate di sipario in programma, per
celebrare ogni festa con la collettività, per cogliere ogni
occasione e rendere il nostro tempio accessibile davvero a tutti.
Le
stagioni al San Carlo durano 14 mesi, iniziano a settembre e
terminano nel dicembre successivo, e il nostro sipario si alza
mediamente 250 volte all’anno, contando anche gli spettacoli per le
scuole, in cui crediamo fortemente e che ci permettono di portare a
teatro, insieme a 10 percorsi di formazione, più di 50.000 giovani
all’anno.
Non
è semplicemente aprire una porta, ma è una molteplicità di
opportunità, ad esempio quella di festeggiare il compleanno del San
Carlo (inaugurato il 4 novembre del 1737), e prendere parte alle
celebrazioni cittadine per i 300 anni dalla nascita di Carlo III di
Borbone con l’Achille
in Sciro
di Domenico Natale Sarro (4 e 5 novembre 2016), e traghettare i
nostri spettatori alle citazioni dell’Iliade
e ai racconti paralleli ad Omero, che a questa trama avvincente
conducono; si tratta ripresentare l’Otello
di
Rossini, ai 200 anni dalla composizione (30 novembre 2016),
commissionata proprio dal San Carlo, e poi proporre i grandi titoli
del repertorio, La
bohème, Lo schiaccianoci (dicembre
2016),
Rigoletto (gennaio
2017), Lucia
di Lammermoor (marzo
2017) per citarne solo alcuni, e nuove creazioni (ad esempio il
Balletto Cenerentola
nel maggio 2017) e ancora ospitare gli artisti più applauditi (Carla
Fracci, Daniel Barenboim, Zubin Mehta, Daniel Oren, Juraj
Valčuha, Nello Santi per menzionare pochi esempi emblematici),
e portare il nome del San Carlo in tournée
e ancora disegnare dei cammei, che, come in una macchina del tempo,
ci riportino alla grande Scuola del Settecento Napoletano (questo
avverrà in primavera con la prima edizione del Festival Napoli
e l’Europa)
o ancora presentare prime assolute a Napoli, come ad esempio
Charodeika
(La
maliarda)
di Pëtr
Il'ič Čajkovskij, il prossimo febbraio.
Si
tratta di pensare ad ogni singolo appuntamento come ad un evento
irripetibile e accessibile per chi a Napoli risieda o chi la visiti
per pochi giorni; per questo sono più di 60 i titoli, tra opera,
balletto, concerti, educational,
eventi fuori programma, che in una stagione il Teatro di San Carlo
propone.
Sarebbe
superfluo ricordare i dettami di un grande pioniere, Paolo Grassi,
“il
teatro, per la sua intrinseca sostanza, è fra le arti la più idonea
a parlare direttamente al cuore e alla sensibilità della
collettività, mentre il teatro è il miglior strumento di elevazione
spirituale e di educazione culturale a disposizione della società”,
ma in questo crediamo e per questo abbiamo ampliato i corsi di alta
formazione (tra questi la recente Orchestra Academy e il Doposcuola
in movimento) che vengono tenuti nei laboratori di scenografia di
Vigliena, in uno spazio urbano (ex Cirio) riqualificato, che offre ai
giovani appartenenti a quella zona, un’alternativa.
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