"Con Dostoevskij raccontiamo i nostri demoni"

IL GIOCATORE Gabriele e Daniele Russo al Bellini. “La trilogia della libertà”

di Angela Matassa

Chiude la "trilogia della libertà" Il giocatore, tratto dal romanzo di Fëdor Dostoevskij. Gabriele Russo mette in scena nel suo Teatro Bellini di Napoli dal 14 al 26 marzo, il capolavoro russo, riadattato insieme con Vitaliano Trevisan. Nei panni del protagonista e dello stesso autore c'è il fratello Daniele. "Dopo Arancia Meccanica - spiega il regista - è il secondo spettacolo che ci vede impegnati insieme, nel segno della continuità del nostro lavoro, che si completa con la stessa compagnia".
Recitano sulle scene di Roberto Crea, anche Alfredo Angelici, Martina Galletta, Sebastiano Gavasso, Alessio Piazza, Marcello Romolo, Paola Sambo, Camilla Semino Favro.
Gabriele, perché questo testo?
"Già da tempo mi attraeva il tema della ludopatia, così terribile e oggi così attuale. Trovata l'opera giusta, ho pensato di realizzarla. Poi, approfondendo la lettura, ho scoperto le tante altre sfaccettature che vi si colgono, oltre all'interessante genesi del romanzo: una scommessa anch'essa, visto che Dostoevskij fu costretto a scriverlo in soli ventotto giorni a causa dei suoi debiti di gioco. Una scommessa nella scommessa, naturalmente vinta su tutti i fronti".
Un racconto che lo tocca da vicino e che tocca la sua biografia.
"Infatti, ho immaginato di far scorrere l'azione su due binari: da un lato mettiamo in scena la vicenda dei personaggi ideati dall'autore, dall'altro la sua vita. E' come se lo spettacolo nascesse mentre lui scrive".
Che operazione avete compiuto sul testo per adattarlo alla contemporaneità?
"Con Trevisan abbiamo usato qualche lieve accorgimento per attualizzarlo nel linguaggio, ma è assolutamente rispettato e riconoscibile. Non ci saranno uomini che giocano alle slot-machine o al bingo, ma solo qualche riferimento all'oggi".
E l'ambientazione?
"La vicenda si svolge in un non-tempo dove sono le atmosfere e pochi elementi a disegnare luoghi e momenti: la presenza di un croupier lascia immaginare la sala da gioco, mentre la scrivania in un angolo rappresenta lo studio dello scrittore. In effetti è tutto incentrato soprattutto sulla recitazione degli attori che si muovono in vari spazi temporali. Si può ridere ed emozionarsi, perché questo testo presenta sia la commedia che il dramma".
Daniele è nel doppio ruolo del Giocatore e di Dostoevskij. com'è il suo Aleksej Ivànovic?
"Un perdente ma non un uomo che si piange addosso, - spiega l'artista - non è negativo,  è animoso, colto, ama. Anche se cede a un vizio così stupido, si può empatizzare con lui. Passo da un ruolo all'altro nella stessa scena, confondendo i piani, si crea così un corto circuito tra i due, che rende palpabile lo stato d'animo con cui l'autore scriveva".
Come il giocatore del racconto, anche lei da attore ama rischiare?
"Quando interpreto una parte non mi calo nel personaggio, metto una maschera e me ne distacco. La mia idea è quasi quella di 'essere fuori parte', non avere, cioè, alcun punto di aderenza col personaggio, andare oltre. Mi piace mettermi in gioco sempre, per crescere artisticamente".
La ludopatia è solo uno dei temi affrontati dal romanzo.
"Nella scrittura si percepisce una grande materia sotterranea, quasi misteriosa, fatta di sguardi, di trame, di rapporti non descritti, - precisa Daniele Russo - che lascia immaginare altre figure e altre vicende che l'autore non ha potuto inserire per la fretta che ha avuto nello scriverlo, ma teatralmente è molto stimolante. Lavoriamo sulla sensazione di un tramare costante, come se ci fosse qualcosa di omesso".
"sì. Ci sono le ossessioni dell'uomo, le sue debolezze, la passione, la compulsione, - aggiunge Gabriele - che lo rendono contemporaneo e si presta a diverse interpretazioni. Il gioco, in fondo, è solo un modo per ottenere delle cose. Il demone che domina e che s'impossessa dell'animo umano: questo è un tema universale".
Gabriele, oltre che della libertà, questa sembra la trilogia della follia.
"E' vero. Tutti e tre gli spettacoli affrontano entrambi questi stati, è quasi il filo conduttore dei tre romanzi. La perdita del libero arbitrio in Arancia Meccanica, quella fisica in Qualcuno volò sul nido del cuculo e quest'ultima a causa del vizio. In effetti, ogni debolezza, in un attimo, può trasformarsi in vizio che spinge i personaggi in una spirale senza ritorno. Questo cercheremo di raccontare, anche con ironia e sarcasmo, sostenuti dalle musiche originali di Max Pace".

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