Orsini alla corte di Miller pensando di essere sul set di un film dei Coen

IL PREZZO Dalla crisi del ‘29 a quella dei nostri tempi. Regia di Popolizio

di Stefano Prestisimone

Gli anni della cri economica del 1929, un crack crudele che cannibalizza i rapporti familiari, lasciando spazio alle incomprensioni e agli antagonismi, tra conflitti irrisolti e menzogne radicate nel passato. Rappresentato per la prima volta nel 1968 a Broadway per 429 repliche consecutive, Il prezzo, in originale The price, scritto da Arthur Miller, viene messo in scena con la traduzione di Masolino D'Amico della Compagnia Orsini al Verdi di Salerno dal 23 al 26 febbraio. Protagonisti sono lo stesso Umberto Orsini, Massimo Popolizio, qui anche nelle vesti di regista, Alvia Reale ed Elia Schilton. Quattro personaggi riuniti in un unico spazio, un appartamento che diventa il teatro dei loro contrasti. Figli di un padre caduto in miseria dopo la crisi, i fratelli Walter e Victor (che ha una moglie, Esther, con problemi di alcol e depressione), si incontrano a sedici anni dalla morte del genitore per sgomberare la sua vecchia casa che sta per essere demolita. Un venditore, l'ebreo novantenne Gregory Solomon viene chiamato a stabilire il prezzo del mobilio.
Com'è nata l'idea di portare in scena Il prezzo, Orsini?
"Questo testo mi capitò sotto gli occhi a Londra, sei anni fa, nella libreria del National Theatre. E la mia memoria mi riportò subito a uno spettacolo interpretato da Raf Vallone circa 40 anni fa.Fui catturato subito dal dialogo e dall'attualità della storia che però non era mai stata tradotta in italiano. Decisi che avrei portato in scena la commedia se avessi trovato tre bravissimi attori nei ruoli principali e in quel caso avrei tenuto per me il ruolo di Gregory Solomon. Tutto ciò si è avverato ed eccoci qui a rappresentare uno spettacolo che gode ora di una traduzione italiana che colma una lacuna nell'opera omnia di Miller".
Qual è la forza della commedia?
"Miller fotografava con spietata lucidità e un pizzico di amarezza le conseguenze della devastante crisi economica avvenuta negli Stati Uniti nel '29. Dietro il semplice spunto dei fratelli che si ritrovano per mettere all'asta i beni del padre morto 16 anni prima, emergono tutte le incomprensioni e le menzogne che la paura della perdita improvvisa del benessere possono esercitare su chi si dibatte nella crisi. Miller tratta questo tema con la sua consueta maestria facendoci scoprire un capolavoro che, pur venendo da lontano, ci riporta ai nostri giorni così pieni di incertezze".
Popolizio, Il prezzo è uno spettacolo straordinariamente contemporaneo.
"Il testo non assolve né condanna nessuno dei personaggi, è la fotografia delle loro diverse opinioni, per questo è anche così moderno. Il padre di Miller fece bancarotta in seguito alla crisi del '29, dunque l'autore parla di fatti che hanno attraversato la sua vita e l'economia è lo spunto per la creazione di una situazione, all'interno della quale arrivano i rapporti familiari. La chiave della nostra lettura sta in una battuta di Solomon che recita così: 'il prezzo dei mobili usati è un punto di vista, se non si capisce quello non si può capire il prezzo'. Dare un prezzo a qualcosa che ti è appartenuto, che fa parte della tua storia, è un punto di vista".
La sua regia?
"E' un testo per attori. Un'occasione di stare in scena con i colleghi che amo e coi quali ho condiviso molti momenti della mia vita artistica. Un'esperienza felice dirigerli perché parlano un linguaggio che ben conosco: quello del teatro di interpretazione. I dialoghi sono a volte divertenti come una commedia di Woody Allen e a volte tragici come un dramma di O'Neil. Il prezzo sembra scritto per il cinema, si avverte che Miller nella testa aveva la macchina da presa. Allora ho chiesto ai miei colleghi di pensare di essere in un film dei fratelli Coen ed evitare un'impostazione naturalistica. E' un'opera a mio avviso molto importante perché riprende argomenti cari a Miller e ad altri autori americani della seconda metà del Novecento che hanno focalizzato sul tema della famiglia e del disagio economico legato a mutamenti storico-economici il loro interesse più appassionato. E poi è un'opera concentrata sul valore della parola, per questo ho accettato con entusiasmo la proposta di Orsini di curarne la regia".

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