La decima edizione della rassegna moltiplica il numero dei laboratori, affidandoli ad artisti come
Nekrošius, Brook e Janežič. Poi la Curino, Capone, Scimone e Sframeli. Circa 200 i giovani coinvolti
di Davide Cerbone

I
bandi, aperti fino al 28 aprile e disponibili online nell’apposita
sezione del sito, propongono dieci percorsi formativi. Si parte da
Napoli, tra il 6 e il 20 giugno, con Il
segreto delle guarattelle
a cura di Bruno Leone (20 posti), e Mozzarella
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con Maurizio Capone, sulle tecniche di costruzione di strumenti
musicali prodotti con materiale di scarto, dal 28 aprile al 20 maggio
e dal 15 al 30 giugno per 15 partecipanti. Poi a Salerno dal 22
giugno al 2 luglio Elena Bucci per 20 partecipanti terrà Il
mare suona.
A Benevento tra il 16 e il 24 giugno, Laura Curino curerà Leggende
d’oro: le vite dei Santi
(15 partecipanti), mentre a Solofra tra il 5 maggio e il 17 giugno
Uomo
Terra,
otto incontri a cura di Enzo Marangelo (25 posti). Tra il 14 e il 23
giugno Nekrošius con Theatre
Bridges,
per 23 allievi tra i 23 e i 36 anni, partendo dal Don
Chisciotte
di Cervantes. Mentre il 10 e l’11 giugno, ancora a Napoli, saranno
Peter Brook e Marie-Hélène Estienne con L’uomo
che scambiò la moglie per un cappello
di Oliver Sacks (20 partecipanti tra i 20 e i 30 anni). Poi La
regola del gioco
a cura di Andrea Renzi (Caserta tra il 23 giugno e 4 luglio, 12
partecipanti). Il
corpo teatrale dalla scrittura alla rappresentazione
a cura di Spiro Scimone e Francesco Sframeli a Napoli dal 7 al 24
giugno, 20 partecipanti; chiude Tomi Janežič, dal 19 al 25 giugno
con Principles
in acting,
sulla tecnica dello psicodramma, piattaforma per le diverse tecniche
creative dell’attore (20 posti).
Insomma:
arte diffusa, spiegata, condivisa, insegnata. Arte che soprattutto
diventa mestiere, futuro, vita. Tra attori, registi e drammaturghi,
saranno 190 i giovani allievi dei laboratori. Ragazzi italiani e
stranieri riuniti in una regione con una grande tradizione di talenti
spesso sprecati, che ora potranno entrare in relazione con maestri
della scena. “Quando penso al teatro, ˗ spiega Cappuccio ˗
immagino una civiltà paragonabile ad un'orchestra, in cui gli archi,
gli ottoni, i timpani e i fiati sono sezioni diverse che concorrono
al raggiungimento di un risultato comune. E le sezioni dell'orchestra
sono lo specchio fedele della civiltà del teatro che si fa con
scrittori, attori, musicisti, scenografi, costumisti e tecnici. E con
il pubblico, che non è mai una piattaforma passiva. Tutti accomunati
dalla passione e dalla sensibilità. Uno dei dati fondamentali che
manca alla civiltà italiana del teatro è la formazione: queste
sezioni chi le forma, chi le istruisce, chi le arricchisce? In Paesi
come la Francia, un attore disoccupato non esiste. Quando non è
impegnato con una compagnia, lo Stato gli chiede di andare a tenere
un master in un liceo e provvede al suo pagamento. In Italia, invece,
le scuole sono pochissime e nel Sud Italia sono ancora di meno.
Allora, un ragazzo di Calabria o Basilicata che voglia fare il
tecnico del suono, dove va? Deve rivolgersi alle scuole di Roma o
Milano, dove tra l'altro i posti sono pochissimi. Questa fu una delle
ragioni per cui nel 2005, da direttore del Festival di Benevento,
fondai con il Ministero del Lavoro una scuola di formazione. I
docenti erano Marco Bellocchio, Vincenzo Cerami, Franco Battiato,
Gioacchino Lanza Tomasi, Roberto De Simone. E chi studiava da
costumista lo faceva con Gabriella Pescucci. Il progetto, che si
chiamava Formart Lavoro, metteva tutti i ragazzi, a prescindere dal
reddito, in condizioni di percepire una borsa di studio da 900 euro
al mese. Questa esperienza, che è durata due anni a Benevento e uno
a Salerno, ha determinato un impiego per il 75 per cento di quegli
allievi e alcuni di loro hanno avuto anche contratti a tempo
indeterminato”.
Allora,
ecco una nuova occasione per piantare semi nel fertile terreno della
Campania. “L'aspetto della formazione mi sta molto a cuore, poiché
coniuga arte e lavoro ˗ aggiunge il direttore del NTFI ˗. Si dice
spesso che potremmo vivere di arte, ma questo è vero solo a
condizione che si faccia quello che hanno fatto a Salisburgo, città
natale di Mozart, creando un Festival musicale che impiega trecento
persone. Si tratta di processi e progetti seri, che devono seguire un
approccio aziendale. E i laboratori servono a sostenere l'idea di un
festival che si preoccupi di lasciare un segno”. Da qui una sfida
che si nutre di contaminazioni: “Credo che dal cortocircuito tra
culture diverse nascano le cose migliori, per questo ho chiesto a
Nekrošius ˗ uno dei più grandi artefici del teatro nel mondo ˗ di
insegnare ciò che sa ai nostri giovani attori. Insieme a Peter Brook
e Tomislav Janežič, e ai nostri maestri italiani” insiste
Cappuccio, che nel virtuoso incontro tra linguaggi e generazioni
intravede la svolta. “Per intercettare le vocazioni della città e
di una grande civiltà teatrale bisogna aiutare i giovani attori a
entrare in relazione critica con l’eredità ricevuta, senza per
questo perdere la capacità di allargare lo sguardo”.
Tra
gli obiettivi principali del Festival 2017, la riunificazione delle
arti e dei codici espressivi, così si spiega la scelta di mescolare,
sul palco come nelle attività di formazione, stili, generi e
latitudini in una visione interdisciplinare della comunicazione tra
esseri umani. In questa prospettiva si inscrive la collaborazione con
l’artista Mimmo Paladino, che ha progettato il catalogo e i
materiali promozionali.
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