Morte di Danton. Il regista e il kolossal di Büchner sui giorni del Terrore
di Angela Matassa
di Angela Matassa
Un
altro affresco storico per Mario Martone che dirige Morte
di Danton di Georg Büchner nella traduzione
di Anita Raja. Lo spettacolo,
prodotto dallo Stabile di Torino, arriva a Napoli, al Teatro
Mercadante dal 26 aprile al 7 maggio.
Una
storia collettiva, eppure tante storie individuali, compongono il
grande quadro disegnato nel 1835 dal giovane “rivoluzionario”
Büchner che descrive l’atmosfera degli ultimi giorni del Terrore
in Francia, la caduta di Georges Jacques Danton nel 1794 e
l’antagonismo che lo oppone a Maximilian Robespierre. Il testo si
concentra proprio sulla contrapposizione tra i due protagonisti della
Rivoluzione francese, compagni prima e avversari dopo, entrambi
destinati alla ghigliottina a pochi giorni di distanza l’uno
dall’altro.
Un
dramma che propone una condizione umana universale. “Per
Büchner, come per Leopardi – spiega il regista di Il
giovane favoloso,
dedicato al poeta - la Storia non è che una macchina celibe, anche
se le ragioni per scatenare la rivoluzione sono sempre tutte vive e
presenti. Quello che commuove, in Morte
di Danton,
è la fragilità: sembra un paradosso, trattandosi di vicende che
raccontano i protagonisti di un tempo in cui si è sprigionata una
forza della quale ancora oggi sentiamo la spinta. Eppure nessuno di
quegli uomini ha potuto sottrarsi alla verifica della propria
impossibilità, d’invertire la rotta assegnata (da Dio? dalla
Natura? dal nulla?) agli esseri umani, nonché di porre rimedio
all’ingiustizia che da sempre regna sovrana”.
Un lavoro corale, che vede in scena una numerosa
compagnia, composta da nomi celebri e da giovani emergenti per
raccontare una storia che sembra attuale. Così vicina ai giorni del
nostro terrore. “Alcuni temi del testo ci coinvolgono,
– dice Martone - compresa la
disillusione generata da eccessi di realismo, col pericolo di una
disumanizzazione dei personaggi, riducendo tutto a uno scontro fra il
moralismo di Robespierre e la dimensione più fragile di Danton. C’è
qualcosa di agghiacciante nelle condanne a morte con la mannaia di
oggi, c’è chi ci vede l'ombra di un integralismo, ma io non ho
attualizzato nulla. A volte, ricondurre al nostro tempo, significa
ridurre, perfino appiattire. Questo testo è di ampia portata,
perciò bisogna sentirlo risuonare, nelle parole spesso terribili
pronunciate dai personaggi, come per esempio il monologo di
Saint-Just. È impossibile non soffrire il colpo che suscitano
ancora”.
Come
ha raccontato i personaggi? “Ho provato a lavorare sul rapporto tra
di loro. Tra Danton e i suoi amici. Tra Desmoulins e Robespierre, che
erano compagni di scuola. L’Incorruttibile era stato addirittura
padrino di battesimo del figlio di Desmoulins. Gli stessi Danton e
Robespierre erano compagni di rivoluzione. Insomma, si tratta di
mandare a morte degli amici. L’aspetto umano che esplode,
soprattutto nei tre personaggi femminili, seppure minori, mi ha molto
affascinato. Julie, Lucile e Marion trascinano sul palco la vita, il
corpo, l’umano che vengono sovrastati e schiacciati dagli ideali e
dalle derive della Rivoluzione”.
L’impianto
scenico, ideato dallo stesso Martone, è composto da cinque sipari,
una "macchina celibe", dove la storia si apre di continuo,
consentendo vari cambi di spazio: da salotto a piazza, a club, a
tribunale, a prigione.
Lo
spettacolo è interpretato da Giuseppe Battiston e Paolo Pierobon,
nei due ruoli principali, e da Fausto Cabra, Giovanni Calcagno,
Michelangelo Dalisi, Roberto De Francesco, Francesco Di Leva, Pietro
Faiella, Gianluigi Fogacci, Iaia Forte, Paolo Graziosi, Ernesto
Mahieux, Paolo Mazzarelli, Lino Musella, Totò Onnis, Carmine
Paternoster, Irene Petris, Mario Pirrello, Maria Roveran, Luciana
Zazzera, Roberto Zibetti, con
Matteo Baiardi, Vittorio Camarota, Christian Di Filippo, Claudia
Gambino, Giusy Emanuela Iannone, Camilla Nigro, Gloria Restuccia,
Marcello Spinetta.
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