Abbondanza e Bertoni danzano per i più piccoli

 Un “Romanzo” per sognare

di Paola de Ciuceis

La magia del gesto che infiamma la fantasia e diventa immagine. In una parola, la danza. Per la settima edizione della rassegna Quelli che la Danza 2018, la vetrina di balletto contemporaneo che – su impulso del Teatro Pubblico Campano, diretto da Alfredo Balsamo – approda a Napoli dal 4 all’8 aprile e invade il Teatro Nuovo, con cinque giornate di spettacoli. Un’occasione ghiotta per conoscere le più nuove e ricercate espressioni coreografiche del momento proposte da alcune delle migliori compagnie del settore. Tra queste, in cartellone il 6 aprile, Romanzo d’infanzia, la storica produzione della compagnia Abbondanza/Bertoni che, vincitore del Premio Stregagatto 1997/98, dopo oltre vent’anni di tappe ovunque e traduzioni in 4 lingue arriva a Napoli. Uno spettacolo su testo di Bruno Stori per la coreografia e l’interpretazione di Michele Abbondanza e Antonella Bertoni su musiche di Alessandro Nidi e per la regia di Letizia Quintavalla e Bruno Stori cui si deve anche la drammaturgia. Un lavoro che rivoluziona il linguaggio del teatro­danza, tradizionalmente riservato a un pubblico adulto, per scegliere come universo di riferimento quello dei più piccoli. Ne parliamo con Michele Abbondanza.
Come nasce l’idea di rivolgersi ai bambini?
“Dal fatto che fino a quel momento spettacoli per l’infanzia non ne erano stati creati. E perché il linguaggio che mette assieme parole e movimento è un codice immediatamente fruibile specie per il bambino, che vuole sapere e capire ma anche vedere, sognare, volare con la fantasia”.
Romanzo d’infanzia, che temi affronta?
“Scottanti, come oggi. Si parla del disagio infantile all’interno dei rapporti primari ­affettivi, della violenza fisica e psicologica che l’infanzia subisce a casa o nelle istituzioni, del delitto di non ascoltare i figli, di colpe senza colpevoli. In scena due danzatori che si alternano tra essere genitori e figli e poi di nuovo padre e figlio e madre e figlia e poi fratelli, nell’alternanza del subire e ribellarsi, fuggire e difendere e proteggersi, scappare, tornare e farsi rapire per sempre senza ritorni: insomma vivere”.
Come quando nasce la compagnia Abbondanza-Bertoni?
“Ci incontrammo a Parigi, con Carolyn Carson, che io avevo già conosciuto a Venezia e mi aveva suggerito i suoi maestri a New York prima di prendermi in compagnia con sé. Con Antonella formavamo la coppia ideale dei suoi racconti. Un’esperienza straordinaria che, poi, abbiamo continuato insieme in Italia”.
Gli spettacoli, la formazione, la ricerca. Come si conciliano questi tre aspetti?
“Non c’è separazione, è un interscambio continuo, come in un caleidoscopio”.


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