L'ORA DI RICEVIMENTO - Placido: in una scuola di periferia si racchiude la società di domani

di Stefano Prestisimone

Il professor Ardeche, cinico e disilluso, ma anche spietato osservatore e lucido polemista, è un insegnante di materie letterarie in una scuola a Les Izards, ai margini dell’area metropolitana di Tolosa, una esplosiva e degradata banlieue. La sua classe, la sesta C, è una complessa miscela di razze, culture e problemi che prova ad amalgamarsi giorno dopo giorno. Lui vorrebbe portare a fine anno l’intero gruppo senza perdere pezzi per strada, e per compiere questo miracolo riceve le famiglie degli scolari ogni settimana per un’ora, dalle 11 alle 12 del giovedì, confrontandosi sui problemi quotidiani
che i ragazzi vivono, dai piccoli incidenti scolastici al dramma dell’esclusione sociale. Tutto in quell’unica ora di colloquio settimanale. E quei fatidici, delicati, 60 minuti sono al centro dello spettacolo in scena dal 7 al 12 novembre al Bellini di Napoli, L’ora di ricevimento, diretto da Michele Placido, prodotto dallo Stabile dell’Umbria, nato dalla penna caustica e brillante di Stefano Massini, uno dei più apprezzati autori contemporanei, di cui vanno ricordati 7 minuti e
Lehman Trilogy. Sulla scena, nei panni del professore, Fabrizio Bentivoglio assieme a Francesco Bolo Rossini, Giordano Agrusta, Arianna Ancarani, Carolina Balucani, Rabii Brahim, Vittoria Corallo, Andrea Iarlori, Balkissa Maiga, Giulia Zeetti, Marouane Zotti. “È attraverso un mosaico di brevi conversazioni con questa umanità assortita di madri e padri – commenta il regista – che prende vita sulla scena l’intero anno scolastico della classe. Al pubblico spetta il compito di immaginare i visi e le fattezze dei giovanissimi allievi, ognuno ribattezzato dal professor Ardeche con un ironico soprannome”.
Placido, partiamo dal titolo.
“Il titolo è la fotografia di uno spettacolo che parla della società di oggi, della società occidentale, delle nuove comunità che si sono affacciate e dei cambiamenti che sono avvenuti. Cambiamenti che hanno coinvolto ogni settore, a partire dalla scuola. Al centro c’è un professore alle prese con le contraddizioni e le problematiche di una classe scolastica multirazziale, da quelle religiose a quelle pratiche. Il tutto, però, è affrontato nel testo con una leggerezza speciale, con toni da commedia. Non c’è la pesantezza politica che si poteva immaginare. Ma attenzione! Nella commedia non si ride; piuttosto si riflette, con un momento finale che spiazza tutti. La straordinarietà del testo, al di là della bellezza della drammaturgia e della messinscena, sta nella capacità di Massini di parlare del contemporaneo. È un testo in cui si preannunciano tutte le problematiche che dovremo affrontare nei prossimi decenni”.
Accennava al finale molto realistico, quindi amaro, senza buonismo.
“Sì, il finale è molto duro, ma rispecchia esattamente la realtà. L’insegnante, magnificamente interpretato da Fabrizio Bentivoglio, vincitore delle Maschere del teatro, è lo specchio della nostra società, che non vede o non vuol vedere ciò che sta accadendo, con gli sbarchi continui che la stanno inesorabilmente trasformando. Un cambiamento al quale non siamo preparati per non aver saputo accogliere, formare, disilludendo le speranze di questi ragazzi approdati sulle nostre coste. Una disperazione che porta, talvolta, nel tempo, a compiere azioni criminose”.
Novantatré film da attore, oltre a fiction in tv e spettacoli teatrali. Poi le regie, in tutti i settori dello spettacolo. Che cosa l’ha soddisfatta di più?
“Sono sincero, è sempre il teatro, alla fine, che regala le maggiori emozioni. Forse perché è sul palcoscenico che sono nato artisticamente. Certo, il cinema e la tv mi hanno dato notorietà, ma il gusto che provo salendo su un palcoscenico resta senza paragoni”.



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