Piseddu, la donna che aiuta a morire

di Roberto D'Agostino


Veronica Cruciani dirige Accabadora, uno spettacolo intenso che prende spunto dall’omonimo testo di Michela Murgia, un libro di successo in Italia, per poi distaccarsene per evidenziare il tema dell’amore tra una madre e sua figlia adottiva. Una vicenda delicata ambientata in un paesino immaginario della Sardegna, dove Maria, all’età di sei anni, viene data a Bonaria Urrai, una sarta che all’occasione fa l’accabadora, ossia aiuta le persone in fin di vita a morire. Un dialogo vivo, forse solamente interiore, in cui la protagonista ripercorre tutte le tappe di un passato che l’ha tenuta bloccata, negli affetti e nella crescita. “Ho scelto questo romanzo – dice la Cruciani – perché l’amore tra una madre adottiva e sua figlia ci spinge verso un’idea di società più aperta. Nel corso dello spettacolo si capirà che quello che inizialmente sembra un dialogo con qualcuno è in realtà un confronto che la protagonista ha con se stessa. L’utilizzo di specchi in scena, entro cui lei si rivede, restituisce lo sdoppiamento da sé”. Lo spettacolo, prodotto dalla Compagnia Veronica Cruciani, Teatro Donizetti di Bergamo, CrAnPi, farà tappa al teatro Nuovo di Napoli dal 15 al 17 dicembre e ha come interprete Monica Piseddu. La figura dell’accabadora è stata studiata e approfondita dalla Cruciani e quello che viene fuori dalla messinscena è: “la volontà di concentrarsi sullo stretto legame tra amore e morte perché non esiste una sola figura di accabadora che gira per le case ma c’è anche quella chiamata da famiglie contadine povere, che non possono permettersi di badare a lungo di una persona inferma, e chiedono di donare al malato la tanto agognata morte. Queste persone sono le stesse che aiutano le partorienti a dare alla luce i loro figli. Monica Piseddu, nei panni di Maria, in una lunghissima vestizione che fa durante lo spettacolo diventa la Accabadora”. Una battuta chiave del libro è “non dire mai: io di questa acqua non bevo”, che mostra anche la grande attualità del testo. “Ho mantenuto questa battuta nella versione teatrale perché mi ha colpita; oggi anche nel rapporto con i nostri genitori siamo pronti a ribellarci, a pensare di essere diversi, ma poi ci sorprendiamo nel vedere quanto di loro resta in noi, nel nostro agire quotidiano”. Un lavoro che analizza tanti temi, molto atteso in diversi teatri italiani e che ha già suscitato interesse nei giovani. Lo spessore attoriale della Piseddu rende concreto un percorso intimo e interiore e lo offre tangibile al pubblico; forse il motore della vita resta, fino all’ultimo respiro, l’amore.


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