di Stefano Prestisimone

Giordana, come si avvicina un regista milanese come lei a un lavoro di Eduardo? “Sono milanese di nascita ma in realtà ho girato e abitato in molte parti d’Italia, soprattutto al Sud e a Napoli, e ho considerato fin da ragazzo questa città come una patria elettiva. La lingua, la cultura, la musica, da Scarlatti a Pino Daniele, mi hanno sempre accompagnato. A Eduardo, monumento supremo del teatro italiano assieme a Pirandello, ci si può accostare solo rispettando al massimo il suo testo, ogni virgola, pausa. E le indicazioni scarne ma molto precise su come metterlo in scena”.
Questi fantasmi! l’ha affascinata?
“Molto più che affascinato. È stato il primo suo testo rappresentato all’estero, a Parigi, nel 1955. Un lavoro di bellezza e universalità straordinarie. Non parla solo di Napoli, ma dell’Italia, dell’uomo, del bisogno di un’illusione. Di grande attualità, e quindi quando Carolina all’indomani della morte di Luca, interprete e regista naturale della letteratura del padre, mi ha chiesto di portarlo in scena ho accettato immediatamente. Trovando un cast con il quale sono entrato subito in sintonia”.
Del fantasma in carne e ossa, perché in realtà si tratta dell’amante della moglie, Lojacono accetta la presenza e i regali. Non capendo o facendo finta di non capire.
“È un tema di grande intuizione, applicabile all’Italia di oggi. Siamo vicini a una crisi di valori, di economia, che sembra quella del dopoguerra. Ma almeno allora c’era il miraggio di una ripartenza, di una ricostruzione. Oggi mi pare che non abbiamo più neppure quello”.
Cosa c’è di Marco Tullio Giordana nella sua versione di Questi fantasmi!?
“La scena innanzitutto è astratta, monocromatica. Giochiamo sull’illuminazione, sul taglio drammatico, espressionista, della semioscurità. Allo stesso tempo ci sono grandi esplosioni di luce abbacinante, come capita in certe giornate di sole a Napoli, che ti abbagliano”.
Una di queste è la scena del balcone celeberrima col dialogo tra Lojacono e Santanna.
“Momento geniale, pietra di paragone del lavoro, visto che Questi fantasmi! viene spesso identificato con la scena del caffè. Il professor Santanna è un personaggio chiave, un coprotagonista che però non si vede, sta quasi in platea, tra il pubblico, è uno spettatore. E si insinua anche il sospetto che sia responsabile in qualche modo di ciò che avviene nel palazzo. È una commedia non solo interessante dal punto di vista letterario ma anche di tecnica drammaturgica, d’invenzione di un altrove che non si vede. Con il teatro che ha un suo doppio, al di là della quarta parete”.
Tra teatro e cinema è solo una questione di fotogrammi?
“Sono parenti ma non consanguinei. Il teatro è vivo, puoi intervenire fino al giorno prima della messa in scena e anche dopo, avendo verificato qualche difetto o qualche passaggio che il pubblico apprezza. Al cinema la schiavitù del tempo ti danneggia, è una rappresentazione sottovetro. Perché ciò che vediamo sul grande schermo è già successo. Mentre il teatro è qui e ora”.
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