Sergio Ragni e la sua casa museo dedicata al “Napoleone della musica”. Tra documenti, poesie e archivi sonori, una ciocca di capelli per predire il suo futuro


di Paola de Ciuceis

La reliquia numero uno è stata una lettera autografa. Poi, come in un mosaico, ha messo insieme tutti gli altri pezzi cui è legato in egual misura, senza saper rinunciare a nessuno. Parliamo di Sergio Ragni, raffinato musicologo e studioso del grande compositore pesarese Gioacchino Rossini, cui si deve una straordinaria e completa raccolta di cimeli sul musicista. Li conserva a Napoli, nella sua casa museo a Villa Belvedere, dove una visita è una full immersion nella vita personale e professionale di Rossini e nel mood del suo tempo, dove si ritaglia anche uno spazio da bon vivant. A lui si devono Il barbiere di Siviglia, L’italiana in Algeri, La gazza ladra, La Cenerentola, Semiramide e Guglielmo Tell, che sono solo alcune delle opere più celebri e acclamate. Divo popolare per eccellenza, uomo dalla personalità complessa, non sempre affabile, talvolta conflittuale, era “uomo invidiabile per il nome imperituro vinto già in vita” secondo lo scrittore francese Stendhal e “Napoleone della musica per la potenza e l’audacia del suo stile” per il patriota Giuseppe Mazzini. Rossini, amatissimo a Napoli, in Italia e all’estero, visse una carriera intensa, non senza qualche insuccesso, ma sempre nel segno del trionfo: soli 19 anni di attività durante i quali spaziò dalle farse alle commedie, dalle tragedie alle opere serie e semiserie, licenziò 39 magnifici titoli e impresse al melodramma uno stile destinato a fare epoca. Concluse a Parigi,dove fu directeur de la musique et de la scène al Théâtre­Italien, con l’impegno di comporre anche per l’Opéra. Degli anni 1815­1822 è lo sfavillante soggiorno a Napoli, capitale assoluta della musica dove approda, già famoso in tutt’Europa, ventitreenne, chiamato da Domenico Barbaja, restandone preso dal fascino cosmopolita e a sua volta catturandola dapprima con l’Elisabetta, regina d’Inghilterra, quindi con gli altri suoi capolavori.
Di tutto ciò, Casa Ragni custodisce magnifiche testimonianze: spartiti autografi, tra cui il finale alternativo del Guglielmo Tell, corrispondenze con editori musicali e impresari e con il padre, il primo a raccogliere in fascicoli lettere, diplomi, documenti, recensioni, poesie in suo onore e quant’altro, il più completo archivio sonoro per l’ascolto di esecuzioni contemporanee del repertorio rossiniano, le porcellane e i ventagli con incisi i nomi delle sue opere, le onorificenze ricevute dai sovrani d’ogni dove, i libretti di sala; finanche gli effetti personali, come l’elegante “scatola del necessaire con occhiali, sigillo e le ciocche di capelli che mandava a una medium per farsi diagnosticare i suoi malanni e che è tra i pezzi più curiosi e originali che conservo”, racconta Sergio Ragni. La persi da Sotheby’s, ma riuscii a rintracciare l’acquirente e a entrarne in possesso. Ancora, ritratti (tra dipinti, incisioni e sculture) del compositore, effigi e autografi di altri musicisti e cantanti, con lo speciale spazio dedicato alla famosa soprano Isabella Colbran, prima moglie di Rossini, della quale il museo conserva la camera da letto con il talamo, il leggio, una varietà di stampe e disegni. Una passione antica che rimanda alla prima giovinezza, quella di Ragni, che con grande rigore filologico da un quarantennio e più raccoglie tra aste e antiquari ciò che riguarda l’universo di Rossini e conclude: “Ho il privilegio di conservare tutto il suo repertorio. Rossini mi piacque per la sua forza ritmica, perché non è solo un operista ma ha il gusto assoluto della musica, perché è il Mozart italiano e meriterebbe ben altra attenzione”.


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