Presentazione teatralizzata del libro della Gionfriddo dedicato alle Quattro Giornate di Napoli. "Gli angeli del rione Sanità", eroi sconosciuti della Seconda Guerra Mondiale
di Pino Cotarelli

Nunzia Gionfriddo, come nasce
il romanzo e perché ha scelto il rione Sanità?
“La
scelta del rione Sanità come luogo privilegiato delle Quattro Giornate nasce
dal mio profondo affetto per un quartiere dal quale proveniva buona parte della
popolazione scolastica del ITIS Giordani di Napoli, quando fu ospitato fino al
1980 dall’Istituto gesuitico sito alla Conocchia, sulla discesa dello Scudillo.
Sono stati anni meravigliosi per me che iniziavo la mia carriera di docente, a
contatto con giovani per i quali lo studio era un mezzo per emanciparsi dalla
miseria e… altro. Naturalmente non era così per tutti, ma ne vorrei, non dico
molti, ma almeno una decina nelle classi di oggi. Pur essendo un Istituto
Tecnico, con loro si parlava di musica, arte e teatro. E si faceva teatro! A
tal fine si coinvolgevano giovani e ragazze che liberamente da tutte le cinque
classi dei due indirizzi, chimico e informatico, erano incuriositi da tale
attività scoprendosi attori, cantanti, musicisti e ballerini. Ma quando si
stava in classe si lavorava… e sodo!”
I suoi personaggi hanno anche
qualche riferimento alla realtà?
“Preferirei
non dirlo. Mettiamola così: se non fossero veri, sarebbero potuti essere
veramente esistiti”.

“No,
nessuno di noi sa cosa farà di importante o meno nella sua vita. Per me gli
eroi non sono quelli che compiono grandi gesta, ma siamo noi tutti, onesti e
sani di cuore, che facciamo ciò che sentiamo di dover fare per la comunità in
cui viviamo, per migliorarla. Leopardianamente parlando, basterebbe dire anche
che ci vuole molto coraggio per vivere in questo nostro mondo”.
Don Antonio, senza remore ad
imbracciare un fucile; come l’impegno civile può travalicare i limiti delle
funzioni di un prete? È avvenuto nella realtà?
“Non
lo so. Penso di sì. Io l’ho voluto così perché considero che, quando non c’è
altra via contro gli usurpatori, per una buona causa e per salvare tanti
innocenti non basta l’acqua santa…”
La ricostruzione della memoria
smarrita attraverso un flash back, da parte del personaggio principale Beppe,
crea molta aspettativa nella lettura del romanzo, rappresenta per lei un valore
aggiunto voluto?
“Voluto,
non so; uscito dalla mia forse esagerata voglia di scoprire ciò che si nasconde
nel nostro subconscio, sì. Siamo tutti alla ricerca di costruire la nostra
memoria e tutti ne abbiamo persa una parte. A volte vale la pena di recuperarla
per migliorarci”.
La prefazione di Maria
Conforti sottolinea la presenza nel romanzo di una emancipazione del popolo
napoletano seppur nella consapevolezza dei propri limiti e della impossibilità
di una proficua critica al potere; oggi c’è ancora speranza di riscatto per il
popolo napoletano?
“Lo
spero e per questo scrivo racconti dove la storia parla attraverso i miei
personaggi. Ma non basta. La Storia serve per non ripetere più errori del
passato, ma c’è un’altra storia che è quella interiore che fa fatica a emergere
per le nostre paure o timidezze o chiusura verso gli altri. La vita è una lotta
tra impulsi e realtà. Un libro può aiutare a capire i due mondi. Questo è
quello che sta facendo il nostro popolo, piano piano, con fatica, tra
contraddizioni e sicurezze, ma proprio per ciò che si sta facendo alla Sanità
per i giovani che qui lavorano allontanandosi dalla delinquenza, si può sperare
tanto… voglio pensare che siamo sulla buona strada”.
Non considera il suo romanzo
storico, ma un romanzo con contenuti di libera interpretazione delle
testimonianze non può considerarsi storico?
“La
mia non vuol essere una libera interpretazione delle testimonianze. Il mio
desiderio è sentire i testimoni più che gli storici e se i primi non ci sono
più, cercare la loro scia… prima o poi si trova sempre il loro esserci stati,
come la bava delle lumache. Mi interessa, anche, la ricerca di noi stessi, l’intimo dei nostri
pensieri, una ‘recherche’ che i personaggi del romanzo storico non evidenziano.
Poi dipende dall’autore, un Nievo o un De Roberto hanno saputo analizzare il
reale e la coscienza. Lo vogliamo chiamare romanzo storico? Se si risponde
affermativamente, allora il mio è di tal genere”.
“Eroi sconosciuti delle
Quattro Giornate di Napoli” sarà una specie di adattamento teatrale del libro, come
è nato questo progetto?
“Non
si può considerare ancora un adattamento teatrale. Ora è solo in nuce. Un
critico ha scritto che i miei libri sono così ricchi di descrizioni e dialoghi,
che posso rubare il mestiere a uno sceneggiatore. Non ho fatto altro che far
parlare i miei personaggi come lo fanno nel romanzo, vestirli di dovere ed ecco
che i brani sono diventati sceneggiatura e la musica che mi accompagnava nella
scrittura, musica da far cantare. Tutto ciò resterà sulle tavole del
palcoscenico, perché quello che mi preme di più è trasmettere l’amore per la
lettura ai giovani e ai meno giovani. Poi … non si sa mai…”
Ci descrive cosa accadrà a
teatro?
“I
personaggi si muovono liberamente sul palcoscenico sul cui sfondo saranno
proiettate foto storiche. Io sono la voce narrante che colloquia con i suoi
personaggi o li lascia liberi di dialogare tra loro, con il romanzo in mano da
cui leggono le battute. C’è solo una novità, un omaggio al quartiere, un
abitante che si intromette per capire… Il mio è un modo nuovo per presentare
una mia opera, con poche tecniche teatrali, senza profitti per me, né per gli
amici attori-lettori, cantanti e musicisti che mi aiutano”.
Perché la scelta del Teatro
Sanità?
“Perché
si trova alla Sanità”.
Il flash back per la
ricostruzione della memoria persa di Beppe riuscirà a riprodurre la stessa
aspettativa nello spettatore così come nel lettore?
“Questa
è la scommessa che ho fatto con me stessa. Onestamente per un lavoro del genere
che dovrò affinare, penso che per ora è il lettore che ha migliori chance”.
Il romanzo è stato più volte
premiato, per questa ‘speciale’ presentazione ha avuto il patrocinio morale del
Comune di Napoli, dell’Assessorato alla Cultura e al Turismo, dell’Anpi,
dell’Istituto Campano per la Storia della Resistenza “Vera Lombardi”,
dell’Iplac, dell’associazione culturale ʼO Spassatiempo, di Focus Libri. La
scrittura di un romanzo può dare ancora molte soddisfazioni?
“Sicuramente
allo stesso modo di una sceneggiatura. L’emozione e l’impegno è lo stesso se in
noi trionfa la passione”.
Ha nuovi progetti?
“Sì,
tra poco uscirà un nuovo romanzo, Cioccolata
calda per due, ambientato a Trieste alla fine della Seconda Guerra
Mondiale, tra la nascita della Jugoslavia di Tito e il bombardamento di
Sarajevo nel 1992, premiato già varie volte come inedito”.
Nel corso della manifestazione
saranno proiettate foto originali del periodo messe a disposizione
dall’Istituto Campano per la Storia della Resistenza e dall’Archivio di Stato
di Napoli, con ingresso gratuito.
Saranno presenti il Presidente
dell’Anpi di Napoli, Antonio Amoretti e il Vicario Massimo Amodio; il
Presidente dell’Istituto Campano per la Resistenza, Guido D’Agostino e la
direttrice Giulia Buffardi; don Antonio Loffredo, parroco della Basillica di
Santa Maria alla Sanità; Mara Fortuna, scrittrice e critica letteraria; Alma
Carrano che, per la sceneggiatura ispirata a Gli angeli del rione Sanità della Gionfriddo, col titolo Il postino del
rione Sanità ha vinto di recente il Premio speciale Elena Bertoldi per la
migliore sceneggiatura per lungometraggi in lingua italiana.
Gli attori: Mario Mauro,
Antonella Napolitano, Gaetano Spagnuolo, Alberto Tortora, Francesco Tortora,
Sofia Tortora; i cantanti: Claudia Avitabile; Michele Avitabile; Sofia Tortora;
i musicisti: Vincenzo Maselli e il suo gruppo.
I filmati saranno a cura di
Vincenzo Magrì e l’elaborazione grafica di Vincenzo Maselli.
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